Parliamoci chiaro: non che ve lo debba ricordare io, ma l’Hamilton che abbiamo visto domenica, nel corso dell’ultimo week-end sul circuito del Principato di Monaco, è senza dubbio la massima espressione di un pilota in forma splendente. Micidiale al sabato, quando ha stampato un giro degno di Ayrton ‘88, fenomenale alla domenica, dove per tutta la gara ha tenuto dietro uno come “Mad Max” Verstappen. E badate bene, se non vi ricordate esattamente come è andata la gara: senza mai sbagliare neanche un punto di corda, una frenata, una accelerazione, niente. Guida una monoposto, la W10, che gli permette di fare ciò che vuole, è vero, ma Lewis il piede pesante e la testa ben salda ce li mette tutti!
Sul circuito più difficile dell’anno, dove se sbagli di un metro una staccata sei a muro, il pentacampione non si è fatto mai impensierire dal diretto avversario, riuscendo a contenerlo anche in quelle occasioni in cui Max si è fatto minaccioso. Il pilota olandese, infatti, ha più volte tentato di inserire il muso in ingresso a Loews (il tornantino), vedendosi però la porta chiusa dal pilota inglese che ha saputo sempre prevedere le mosse del rivale. Dopo aver studiato il posteriore della Mercedes per praticamente tutta la gara, tanto che ora sicuramente Newey avrà molte ispirazioni per sviluppare la sua Red Bull, al penultimo giro Verstappen ha scoccato il dardo avvelenato, la mossa che tutti noi ci aspettavamo: in uscita dal Portier è riuscito a far trazionare meglio la sua vettura, portando maggiore velocità nel tunnel.
Ed in uscita, alla violenta staccata della chicane, ha buttato all’interno il muso in un tentativo decisamente alla “o la va o la spacca”, ma sicuramente più ponderato e rispettoso del passato. La fortuna del campione ha voluto che la Red Bull di Max e la Mercedes di Lewis siano arrivate al contatto solo ruota a ruota, con il pilota di Stevenage che ha ben pensato, per evitare qualsiasi problema, di allungare e tagliare la chicane. Di fatto l’attacco si è concluso con un grande rischio sfiorato, il che è un bene per l’economia generale della gara, che ha visto appena un giro e mezzo dopo Hamilton tagliare il traguardo per primo. Risultato meritatissimo, dicevamo, frutto di un lavoro fenomenale, l’ennesimo, portato avanti per tutto il weekend.
Discorso diverso vale per Vettel: mesto, tranquillo, a gestire per tutta la gara le gomme hard della sua SF90, non ha mai tentato di impensierire Verstappen. Nonostante l’olandese avesse sulla sua testa la spada di Damocle con una penalità di +5 secondi da scontare, il tedesco ha ritenuto opportuno evitare di mettere pressione a Max, costringendolo ad una lotta più nervosa con Hamilton di quanto poi in realtà non sia stata. Sebastian è rimasto praticamente 78 giri ad un distacco di sicurezza, accontentandosi di un terzo posto virtuale, poi diventato secondo. Senz’altro l’inizio di stagione “sottotono” del team di Maranello avrà dato da pensare al tedesco, se fosse il caso o meno di invischiarsi in qualche incidente piuttosto che portare a casa un risultato certo, il migliore della stagione per ora.
Ricordo ancora quando in griglia di partenza a Monza edizione 2014 gli domandano: “Ora che è ufficiale il tuo arrivo in Ferrari per l’anno prossimo, che emozioni provi?”. Ho stampato nella memoria il sorriso che il pilota di Hepenheim fece, come tuttavia ricordo le frasi di incoraggiamento al team, le parole di felicitazioni dopo ogni risultato positivo e gli urli dopo ogni vittoria negli anni a seguire, almeno fino ad inizio 2018, il sogno di vincere con la Rossa, per lui oramai più tarlo che possibilità. Ho come l’impressione che il Vettel che conoscevamo dalla fine della stagione 2018 semplicemente non ci sia più... spento, appassito e demoralizzato. In uno stato emotivo simile ad un dipendente che consegna la lettera di dimissioni al suo datore di lavoro, in attesa di far passare il periodo di preavviso, fa il minimo indispensabile per portare a casa la pagnotta e niente più.
Allora mi chiedo: è un bene che Sebastian resti in Ferrari anche nel 2020? Io dico di no, in quanto temo che questo ragazzo di rosso vestito non abbia più alcuno stimolo da donare alla Ferrari (e forse il team italiano non ha più una vettura vincente da consegnarli). Dove il tedesco possa andare nel 2020 è cosa ardua, visto il congelamento delle posizioni nelle rispettive scuderie degli altri piloti (soprattutto in quelle di livello top).
Proprio dal paddock di Monaco rimbalza l’indiscrezione secondo la quale Vettel potrebbe lasciare la F1 a fine anno all’età di soli 31 anni (questa indriscrezione non l’avevo letta quando ho formulato il pensiero che state leggendo, i miei colleghi potranno testimoniare in mio favore). Nell’ipotetica sua sostituzione si vocifera addirittura del ritorno di Fernando Alonso, capace di generare in molti tifosi emozioni degne della migliore produzione Hollywoodiana. La scelta di Sebastian di non lasciare il volante della SF90, potrebbe piuttosto creare nel 2020 problemi a Mattia Binotto (sarà ancora lui Team Principal nella prossima stagione?), nella futura gestione dei propri piloti.
Charles Leclerc domenica ha dimostrato di voler sempre spingere al massimo, nonostante la posizione di partenza attardata. Lo stesso monegasco, al sabato dopo le disastrate qualifiche, ha espresso un rammarico nei confronti del team che fino ad ora mai scaturito, indice del futuro comportamento del ragazzo che l’anno prossimo farà le spalle larghe pretendendo la palma di primo pilota, senza più essere sacrificato nelle strategie in favore del compagno di squadra.
Due parole sul triste accaduto della scorsa settimana sono per me d’obbligo
La settimana scorsa, martedì mattina, mi sveglio, e preparandomi per la giornata accendo il telefono e leggo un messaggio di un amico: Niki...Li per li, ancora più nel sonno che sveglio, non comprendo. Poi apro un gruppo WhatsApp e leggo che Niki Lauda è morto. Ho preso uno schiaffo in faccia da rimanerci stordito. Non ho avuto la fortuna di vedere Lauda in azione negli anni ‘70 e ‘80, ma per me era certamente un personaggio importante. Vedere “l’austriaco buono”, come mi piaceva chiamarlo, nel paddock, era in qualche modo motivo di conforto, quello stesso conforto che mi piacerebbe provare vedendo, che so, un certo Michael Schumacher nei box Ferrari a dare consigli su come tornare vincenti, lui che di vittorie se ne intende.
Ora Niki non c’è più e il vuoto che lascia è sicuramente incolmabile, perché lui è una di quelle figure impossibile da rimpiazzare. Toto Wolff nel dopo gara ha ammesso con sincera umanità che i lavori nel Principato, a notizia praticamente appena appresa, erano iniziati in una atmosfera da incubo. Non so quanto questa terribile notizia fosse in qualche modo attesa dall’entourage più vicino a Lauda, viste le delicate condizioni fisiche del tre volte campione del mondo a seguito del trapianto di polmoni dell’anno scorso. Di certo noi “spettatori” non ci aspettavamo un simile epilogo: davamo per scontato che la sua assenza al fianco di Wolff nei week-end di gara fosse in qualche modo parte del recupero post operatorio, più lungo della media causa l’età.
Hamilton ha perso la sua stella luminosa, la sua guida, come lui stesso ha avuto modo di dichiarare, e la vittoria di domenica ha assunto una molteplice valenza: sportiva, sicuramente, ma anche simbolica, in qualche modo. Perché quella stella rossa sul cofano della Mercedes, da oggi per sempre stampata, ci permetterà di sentire Lauda ancora un pochetto vicino.
Ciao Niki, e mi raccomando, non correre troppo lassù a fianco di James, che siete due vecchietti!
Ti voglio bene...
Autore: Federico Vicalvi
Articolo originale su f1analisitecnica.com
Tutte le news, le foto, il meteo, gli orari delle sessioni ed i tempi del Gran Premio di Monaco 2019