Leggi l'articolo completo su formula1.it

02/01/2023 07:25:00

Gli DEI del volante - Jacky Ickx


Storie di Formula 1 di Paolo Marcacci

Una vita inimitabile, per una carriera alla quale mancò l’alloro massimo, osservato da vicino, troppo vicino con il senno di poi, in due occasioni. Jacky Ickx, sorriso guascone e una enorme versatilità nel campo della guida, è uno dei “re senza corona” nella storia della Formula Uno. Nato campione, come per molti della sua generazione ai primi vagiti motociclistici si sovrappose ben presto uno svezzamento automobilistico nel suo caso non solo rapido, ma precoce. Però a proposito delle due ruote, in questo caso senza motore, c’è un particolare della vita di Ickx che è già leggendario di per sé: belga, nato il primo giorno di gennaio del 1945 a Bruxelles, essendo anche appassionato di ciclismo amava allenarsi in compagnia. La compagnia di Ickx per le sgambate sui pedali rispondeva al nome di Eddy Merckx

Uno che correva per il piacere di correre, in macchina, cimentandosi in vari tipi di competizioni e forse senza darsi il tempo, almeno inizialmente, di fare spazio all’ambizione in mezzo a tanto e tale divertimento. Sta di fatto, però, che nel 1967 è già Campione Europeo di Formula Due e ha già assaggiato la Formula Uno, avendo disputato due gare con la Cooper - Maserati. Da quel momento il nastro si velocizza, la storia di Ickx si fa prestigiosa e al tempo stesso variegata, grazie a scelte sorprendenti, significative e, per così dire, irriverenti. Già, perché dopo essersi visto offrire un volante da Enzo Ferrari per il Mondiale del 1968, Ickx se ne va l’anno dopo alla Brabham: un’esperienza grazie alla quale può disputare anche il Mondiale Marche, cogliendo tra l’altro il massimo alloro a livello di gara singola, perché ancora prima di compiere venticinque anni ha già vinto la sua prima 24 Ore di Le Mans, a bordo di una Ford GT40

Nel 1970 il ritorno alla Ferrari, il che fa anche comprendere l’enorme stima verso Ickx da parte del Drake. È l’anno del tragico titolo mondiale vinto postumo da Jochen Rindt, al quale Ickx contende l’alloro fino alla fine, dovendosi poi arrendere alla non totale affidabilità della 312B. Con la Ferrari resterà per altre tre stagioni, durante le quali vede vincere due volte Stewart con in mezzo il primo titolo mondiale di Fittipaldi.

Per il Mondiale ‘74 sceglie la Lotus, ma trova un compagno che riesce a metterlo costantemente sotto pressione: il giovane, velocissimo Ronnie Peterson. Da quel momento in poi, la Formula Uno per Ickx comincia a perdere interesse, anche perché le scuderie con cui corre, non stagioni intere ma alcune gare a intermittenza, non sono mai all’altezza del suo talento. Lui ci mette la prestazione, spesso, ma le monoposto non restituiscono del tutto la potenzialità, che si chiamino Ensign o Iso - Williams.

L’ultima occasione, in seguito al grave incidente col deltaplano di Patrick Depailler, arriva con la Ligier JS9, nel corso del Mondiale 1979. È l’anno in cui Ickx capisce che la sua voglia di correre è ancora intatta, ma ne ha abbastanza della Formula Uno. Il suo “regno” era già diventato quello delle ruote coperte dei prototipi. Perché nel frattempo è già diventato “Monsieur Le Mans”, ossia il re di una delle classiche che costituiscono la “Tripla corona” e che lui vince per ben sei volte. Primato incredibile, in anni in cui anche soltanto portarla a termine era esperienza da privilegiati. Gareggerà fino al 1985 in quella competizione, avendo già compiuto quarant’anni e incappando, pur non avendo alcuna colpa specifica, nella dinamica che nella gara di Spa - Francochamps porterà alla tragica fine di Stefan Bellof. 

Nel 2000 è tornato a gareggiare, in una occasione, ossia la Parigi - Dakar, ma in quel caso per una ragione di cuore: sullo stesso fuoristrada, a fargli compagnia c’era sua figlia Vanina. 

Leggi anche: Gli DEI del volante - Michele Alboreto

Leggi anche: Gli DEI del volante: Lorenzo Bandini, il pilota del popolo

Foto www.andrealarovere.it

Foto f1.fandom.com