La leggenda si riprende la Ferrari, e viceversa. L’edizione più iconica della già di per sé inarrivabile a livello di fascino 24 Ore di Le Mans è del Cavallino: dopo la Hyperpole siglata dalla vettura numero 50, la 499P numero 51 pilotata da Pier Guidi - Calado - Giovinazzi rientra nella storia dalla porta principale. Contro Toyota, della quale interrompe il dominio, Porsche e Peugeot. In ogni caso il gotha dell’ automobilismo, che non di sola Formula Uno e non della sola rivalità con Red Bull e Mercedes vive. Pur tra mille difficoltà, grande anche la prova dell'altra vettura in gara, la 50 che, con Antonio Fuoco alla guida, si è tolta la soddisfazione di firmare il giro veloce della gara.
Per ritrovare un simile exploit ferrarista bisogna tornare indietro a prima dell’uomo sulla Luna, al 1965, con la 250 LM. Capite da voi la portata, sia sportiva che storica, dell’impresa. E capite il risalto che dovrebbe avere nei rotocalchi e nei telegiornali, ma questo è un altro discorso. Lo affronteremo.
Oggi parliamo, nel giorno dello a champagne che zampilla a bagnare un trionfo, di un pensiero relativo a un nome vincitore: il nome ci ricorda i meriti che ha sempre avuto; il pensiero ci fa incazzare, se permettete. Parliamo di Antonio Giovinazzi e dei soldi, gli stramaledetti soldi: il pilota di Martina Franca nella sua ultima stagione con l’Alfa Romeo in Formula Uno era stato bravo, continuo e performante, in proporzione ai mezzi e alle possibilità della monoposto. Ma al termine del Mondiale 2021 aveva dovuto prendere atto dell'ineluttabilità di un concetto: contro i soldi non si può competere. Gli stramaledetti soldi. Ricorderete che gli sponsor cinesi avevano spinto Zhou Guanyu (bravo, ma non è questo il problema) e, con più mestizia che rabbia, il che è un distinguo importante, Antonio Giovinazzi era stato costretto a salutare l'Alfa Romeo. "Ma lo faccio a testa alta, dopo la mia migliore stagione in F1. D'altronde non si può competere contro i soldi. Questo è il brutto di questo sport, purtroppo è sempre stato così": così aveva dichiarato al Corriere della Sera il pilota. Oggi, assieme ai suoi compagni, arriva la rivincita del talento. Il risarcimento però, quello definitivo, è ancora di là da venire: uno dei temi di riflessione che la Formula Uno farebbe bene a considerare con molta più urgenza: non lo diciamo perché ci piace pensare di vivere nel mondo delle favole, ma perché alla lunga quelli più bravi renderanno ogni sport ancora più interessante e di conseguenza faranno guadagnare ancora più soldi, anche se gli sponsor cinesi all’inizio pagano di più.
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