Era da un (bel) po’ di tempo che la Formula 1 aveva smesso di dire qualcosa. In particolare, dal Gran Premio di Francia del 2022: da allora tutte le gare sono state vinte dalla Red Bull, ad eccezione di quella brasiliana dello scorso anno e del fenomenale successo di Sainz a Singapore (altra parentesi di sole in questo quadro di tristezza a tinte arancioni).
Tutto questo nonostante il rivoluzionario sistema regolamentare che avrebbe dovuto aumentare la varietà e garantire a più piloti di potersi giocare il gradino più alto del podio e che invece ha partorito uno scenario (sembrava impossibile) persino peggiore dell’inizio dell’epoca power unit.
Il buon Max (10), nell’arco di poco più di un anno e mezzo, ha polverizzato, numericamente parlando, la carriera di gente come Mansell, Hakkinen, Piquet, Lauda… e l’elenco è ben più lungo perché ci sono solamente cinque piloti che nella loro carriera hanno vinto più di quanto Verstappen junior abbia fatto dal marzo del 2022, inizio dell’era effetto suolo.
La gara di Interlagos è stato l’ennesimo inno alla monotonia, condito tra l’altro dalla solita solfa in versione aperitivo del sabato sera. Inutile illudersi sulle possibilità di Leclerc (voto: liberatelo), perché Norris ha avuto il privilegio di annusare gli scarichi della Red Bull numero 1 solo per pochi metri e non c’era nulla che potesse far pensare che la scassata Ferrari del monegasco avrebbe potuto fare molto di meglio.
Però, quando mancavano poco meno di una ventina di giri al traguardo, una scintilla verde ha illuminato gli schermi. Ad accenderla non poteva che essere Fernando Alonso (voto: il più grande di tutti) che, con una ritrovata Aston Martin, ha dovuto sfoderare la bibbia del pilota di Formula 1, da lui stesso scritta, per tenersi stretto un terzo posto che oggi, onestamente, conta mille volte di più che la cinquantaduesima vittoria di Max. Alle sue spalle si era infatti issata quella lagna di Perez (voto 1) che, con il missile terra aria che si ritrova sotto il sedere, stava compiendo l’ennesima rimonta dopo una qualifica vergognosa. Peccato che sulla sua strada si sia trovato l’iceberg del Titanic. Checo non è riuscito, se non al penultimo giro, ad avere la meglio di una monoposto più lenta di un secondo. Sembrava impossibile che l’asturiano riuscisse a difendersi per così tanto tempo senza commettere errori, ma l’ha fatto. Il recupero dell’energia è stato fenomenale, ma ancor di più il sangue freddo di Fernando che, pur trovandosi un Toro Rosso sopra il cofano motore non ha battuto ciglio per la bellezza di quattordici interminabili giri. Nervi d’acciaio simili a quelli avuti da Sainz a Singapore, ma qui portati ai limiti estremi, in primis i chilometri erano molti di più, in secundis perché in Brasile superare è molto più facile superare ma soprattutto perché la macchina ad inseguire era la migliore sulla griglia.
Sembrava che la favola fosse finita al penultimo giro, a pochi passi da quello che sarebbe stato un magnifico traguardo che avrebbe arricchito la storia dello sciamano di Oviedo. E invece, proprio all’ultimo respiro, Alonso è riuscito nell’impresa più impensabile: riprendersi la posizione su Perez con la sua incredibile intelligenza di guida, affrontando cioè la S di Senna come se davanti non ci fosse alcun avversario per uscire con la migliore accelerazione possibile. E così, mentre Perez tentava maldestramente e inutilmente di erigere una delle sue solite difese al limite della legalità, sopra il suo casco calava inesorabile il martello di Thor, con un sorpasso incredibile in curva 4. Ma la battaglia non era ancora finita: c’era l’ultimo rettilineo, quello che nel 2008 ha tolto il mondiale a Massa per metterlo sul musetto di Hamilton, sul quale la sorte di Alonso sembrava ormai segnata.
Ma il nostro eroe ha studiato anche l’arrivo, perché sul traguardo la sua Aston Martin sopravanzava la Red Bull di 0,053 secondi: ancora qualche centimetro e non ce l’avrebbe fatta.
E così si è riaccesa la passione per la Formula 1, ancora una volta e come sempre grazie a Fernando Alonso, il più grande pilota in attività. E speriamo che questa attività duri ancora a lungo…