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23/01/2024 07:45:00

Lettera aperta alla Ferrari. E’ sbagliato pretendere l’eccellenza?


Articolo di Roberto Cecere
Di certo l’impegno e la professionalità del team non sono in discussione, ciononostante non si può far a meno di osservare che pur cambiando tecnici, team principal e piloti il risultato è stato sempre il medesimo…

Aver superato la quarantina mi ha offerto l’opportunità di godere della migliore era del Cavallino Rampante in Formula 1 e di soffrire per quella più mediocre, nei primi anni novanta, in cui rimediare 3 secondi dalla pole era la regola e un podio era un evento prossimo al miracolo.

Sentimenti opposti certo, ma si aveva sempre la convinzione che le sorti sportive del Cavallino Rampante fossero a cuore dentro e fuori le mura della gestione sportiva. Al timone della leggendaria scuderia italiana, nel 1991, si era insediato Luca Cordero di Montezemolo, appassionato di automobilismo già direttore sportivo di successo durante il sodalizio con il pilota-amico Niki Lauda negli anni settanta. 


Gianni Agnelli e Michael Schumacher nei box della rossa – Credit: x.com


Oggi questa convinzione è sparita e non per gli insuccessi, che fanno parte del gioco. A mancare da tempo è lo spessore professionale a tutti i livelli e il flebile interesse del presidente più interessato al brand che ai risultati sportivi.

Negli ultimi tre lustri tecnici di spicco e piloti plurititolati hanno lasciato Maranello senza raggiungere il successo (più di uno sbattendo la porta). Sono cambiati team principal con una frequenza prossima a quella degli allenatori del calcio nostrano.

Il modello organizzativo autarchico di Sergio Marchionne ha impoverito il kowhow della GES in un una disciplina in cui le conoscenze portate in dote da un tecnico di un altro team forniscono un vantaggio competitivo enorme (Dan Fallows docet). Il mandato del “faraone” di Losanna, ha portato in dote sette successi di tappa in quattro stagioni di cui 2 sacrificate sull’altare della rivoluzione tecnica delle monoposto ad effetto suolo.

A inizio 2022, la scelta sembrava vincente, ma è bastata metà stagione per riportare la Ferrari nella sua attuale dimensione: nel mondo di mezzo, intesa come zona di comfort senza infamia e senza lode.

Di certo l’impegno e la professionalità del team non sono in discussione, ciononostante non si può far a meno di osservare che pur cambiando tecnici, team principal e piloti il risultato è stato sempre il medesimo.

Il politicamente corretto denso di “dobbiamo capire”, “siamo un team giovane”, “puntiamo al secondo posto” ha sinceramente stancato.

Il team di Modena si appresta a iniziare la stagione senza aver rinforzato l’organico con i famigerati tecnici di spicco che potranno iniziare a lavorare solo sul progetto del prossimo anno. Sarà il primo vero anno del mandato di Frederic Vasseur, che ha giocato il suo bonus lo scorso anno quando ha ereditato una monoposto senza libretto di istruzioni lasciato in dote da Mattia Binotto. Spero di essere smentito ma non intravedo nel manager francese la persona idonea al riscatto della rossa. Detto senza peli sulla lingua, la scelta del sostituto di Binotto è ricaduta sul manager francese in assenza di candidature di alto profilo. Del resto nella massima categoria del motorsport al netto di Toto Wolff e Christian Horner nessuno dei TP ha maturato una significativa esperienza alla guida di un top team. 

Toto Wolff scherza con Frederic Vasseur – Credit: corriere.it


Nel team di Maranello non c’è alcuna figura vincente, al punto che ciclicamente torna in auge il nome di Rory Byrne come consulente di progetto, carica che ormai sembra essere più una forma di riconoscenza per i fasti di un tempo che un ruolo incisivo nei recenti progetti tecnici della Ferrari.

Nello sport cosi come nella vita non si possono fare nozze con i fichi secchi. Manca un presidente presente e appassionato, un team principal vincente, una equipe in grado di realizzare e sviluppare una monoposto vincente. I piloti fanno quello che possono, riuscendo in molti casi a mascherare le limitazioni del mezzo ma non possono ambire al successo. 

Il presidente della Ferrari John Elkann – Credit: bbc.com


L’auspicio è che il progetto 676 non obblighi il team a pensare alla prossima rivoluzione tecnica datata 2026 cosi come successo con la depotenziata e disastrosa SF1000. Alla fine non sarebbe troppo tardi per onorare la promessa di John Elkann che in occasione del gran premio d’Italia dello scorso anno profetizzò un successo proprio entro il 2026.

Foto interna x.com

Foto interna www.bbc.com

Foto copertina www.corriere.it