"Come girare in bicicletta nel salotto di casa"
La metafora di Nelson Piquet per descrivere la difficoltà di "correre" a Monaco con una monoposto di Formula Uno. In un certo senso ancora più calzante oggi rispetto a quando correva lui, viste le misure delle monoposto.
Il Gran Premio di Monaco, che solo a pronunciarlo evoca la quintessenza del glamour; le macchine costrette ad andare troppo piano che si specchiano nelle lenti scure delle star; il lavoro dei fotografi agevolato dalle lente percorrenze.
Torna l'eterna messa in discussione circa il mantenimento del Gran Premio più iconico nel calendario del Campionato del Mondo; negazione tecnica della Formula Uno, in un certo senso e al tempo stesso sua massima celebrazione mondana.
Ormai improponibile per l'attuale Formula Uno? Beh, a noi mancherebbe, forse perché il nostro ragionamento è "di pancia" e basato sui ricordi; certamente, anzi. Però i ricordi sono "tanta roba", soprattutto perché a Monaco alcuni giri e alcune percorrenze sarebbero dovute restare impossibili e invece ci furono quelli che le appiccicarono all'asfalto del possibile; oppure abbiamo visto un tale groviglio di episodi da sembrare sceneggiato da Hitchcock, in alcune edizioni. Ci basta ripensare a Villeneuve che doma il turbo da vincitore tra le stradine; all'edizione del 1982 quando Patrese nemmeno si era reso conto di aver vinto; al giro disumano di Ayrton Senna...ci siamo capiti.
Per noi, allora, continuerà ad avere sempre un senso vedere il Tabaccaio, anche se la sua bottega oggi non c'è più, che si affaccia sulla sua curva, quando le macchine la modellano quasi con la sofferenza dei giri tenuti troppo a bada dalle lancette; come se volessero trovarsi in mille altri tratti d'asfalto ma al tempo stesso non rinuncerebbero mai a infilarsi in quel dedalo claustrofobico, dove per ogni giro c'è solo qualche secondo di sfogo sotto il tunnel.