Leggi l'articolo completo su formula1.it

29/09/2024 19:30:00

Hamilton: «Voglio usare la mia voce. Sennò a che serve vincere?»


News di Prisca Manzoni

Dopo 14 anni di vita nel circus, Lewis Hamilton è diventato un'icona del mondo della Formula 1, dentro e fuori dalle piste. Col tempo ha trovato la sua identità, la sua voce, rendendo onore a quel ragazzo cresciuto in contesti disagiati, che si adattava male nei ricchi giri delle gare di go-kart, che si presentava con un veicolo riparato dal padre, coi soldi guadagnati dai quattro lavori. Un ambiente che avrebbe scoraggiato molti, ma non quel bambino dagli occhi famelici, disposto a tutto per coronare un sogno. Un bambino che spinge ancora il 39enne Hamilton a lottare. 

"Sono grato per quell'esperienza. Mi ricordo quando non avevo soldi, i sacrifici dei miei genitori. Credo che mi abbia dato un vantaggio; di sicuro mi spinge a dare sempre il 100%, perchè per me è stato difficile arrivare qui", ha raccontato il britannico a una commovente intervista al The Sunday Times. "La prima volta che provai un go-kart mi prese completamente. L'adrenalina, il caos, il desiderio di controllarlo. Lo senti nel cuore, nelle emozioni, tra le dita, ovunque. Non mi piaceva la scuola, ero timido, ma dietro al volante mi scorreva qualcosa nelle vene, era l'unica cosa in cui ero sicuro. La prima vittoria mi ha dato molta sicurezza, perchè competevo contro famiglie molto più ricche".

Un altro grande vento contrario alla crescita di Hamilton fu il razzismo, di cui era stato vittima da bambino e che lo ha accompagnato, purtroppo, anche nella sua carriera da adulto. "Non potevo scappare. Era ovunque: a scuola, nei parchi, in città. Non lo capivo e i miei genitori non ne parlavano. Mio padre mi diceva solo di tenere la testa bassa, di non parlare, di tenere per me le emozioni e di battere gli altri in pista. Questo era la mia unica soluzione". Ma nel 2020, anno in cui la sua carriera si cementò con il settimo titolo Mondiale, il britannico decise di usare la sua voce, anche a seguito delle numerose proteste nate in tutto il mondo per il movimento Black Lives Matter. "Piangevo in ginocchio, tutte le emozioni erano riemerse. Ne avevo avuto abbastanza, avevo bisogno di parlare. C'erano persone che erano in silenzio, che non avevano una voce, mentre io avevo una piattaforma. Vincere i Mondiali è una cosa fantastica, ma cosa te ne fai? Che senso ha il tempo che hai sulla Terra?". E così, insieme alle collette, i post e le storie, Hamilton decise di fare anche gesti concreti. In particolare, fondò "Mission 44", una ONG a sostegno per tutte le persone meno privilegiate che vogliono lavorare nel motorsport; il pilota ci mise ben 20 milioni di sterline, e anche adesso il progetto continua, con iniziative educative e borse di studio. Gesti stupendi e troppo sottovalutati, che rendono Campioni con la C maiuscola. 

Foto copertina x.com

Leggi anche: Kimi Antonelli riuscirà a vincere una gara nella sua prima stagione in F1?