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01/05/2025 09:10:00

Quella maledetta domenica del '94


Storie di Formula 1 di Valeria Caravella

1 Maggio 1994, il campionato di Formula 1 fa tappa ad Imola.  Ayrton Senna parte dalla pole position, affiancato da Michael Schumacher, già considerato una giovane promessa della Massima Categoria. Sul circuito italiano, Ayrton aveva sempre brillato: vinse per ben tre volte, nelle 1988, 1989 e 1991, conquistate al volante della McLaren. 

Nel 1994, ci tornò alla guida della Williams, deciso a realizzare successi leggendari, omaggiando la storia del marchio inglese e la sua storia in F1. Ma la realtà fu ben distante dai sogni. Le difficoltà d’approccio con la FW16 furono molte, e Ayrton stava vivendo per la prima volta nella sua carriera, grossi problemi a domare la sua monoposto, quasi intenta a respingerlo. 

L’abitacolo più stretta, il cambio regolamentare entrato in vigore in quella stagione, furono tanti gli aspetti che complicarono l’inizio di Senna in Williams. Ma Peco, come lo chiamava affettuosamente la sua famiglia, era abituato alle grandi sfide, lo eccitavano. La sua anima da combattente e la voglia di rimanere in testa al gruppo fecero la differenza, portando più volte il brasiliano in una lotta costante - e a tratti soddisfacente - con la sua Williams.

Un dolore che non passa mai

Ma quel weekend ad Imola iniziò sin dal venerdì a far tremare il paddock, con l’incidente violentissimo di Rubens Barrichello. La paura di Ayrton fu molta, la sua corsa al centro medico fu scattante. Ai media rassicura subito dopo che Rubens stava bene, ma nel suo volto appare un espressione mai vista, la paura. La stessa che arrivò nell’istante dell’impatto, la stessa che lo portò fino al centro medico.

Il giorno seguente, il 30 aprile 1994, il circuito si tinge di nero e di dolore. Durante le qualifiche, Roland Ratzenberger, fu autore di un grave incidente, che gli costò la vita. Il Circus si chiuse nello sconforto, i piloti chiedono la sospensione della gara. Ayrton è portavoce, chiede rispetto e silenzio dopo una tragedia così forte, che in F1 mancava da tempo.

Ma il destino è beffardo, i vertici della Federazione optarono per correre, e le richieste dei piloti, furono nulle. Senna è frustrato. Chi lo vide quell’ultima sera parlava di un Ayrton insolito, deciso a voler omaggiare Roland nella giornata successiva. In quella che si rivelò la sua ultima partenza in una griglia di F1, le immagini offerte dai media riflettono un viso cupo, pensieroso, rivolto al cielo e successivamente alla pista davanti a sé.

Senna aveva messo dentro la sua vettura la bandiera olandese. Avrebbe voluto sventolarla a fine gara davanti al pubblico italiano, per dedicare la vittoria a Roland, ma ciò, non accade mai. La sua gara finì al settimo giro, alla curva del Tamburello. In quel momento, si spense tutto.

Da quel tardo pomeriggio italiano, il Brasile pianse il suo Campione, così come l’Italia e il mondo intero. Il Motorsport, cambiò per sempre. 

Un uomo divenuto leggenda, anche per i giovani tifosi

Da quando Senna non corre più, Non è più domenica”.

Recita così una canzone di Cremonini, un verso che omaggia tutti quei tifosi cresciuti guardando quel casco giallo sfrecciare in pista. Emozioni indimenticabili, e per sempre incise nel cuore. La forza di Ayrton è stata anche questa. Essere riuscito a divulgare la propria passione alla generazioni di quell’epoca e - inaspettatamente - anche a quelle del futuro, che ancora oggi osservano e ascoltano quel pilota d’emozioni, col rammarico di non aver potuto assistere a tutto ciò, come la sottoscritta.

Mi è capitato spesso di sentirlo, a domandarmi cosa avrei provato se avessi vissuto per intero la carriera di Ayrton. La mia curiosità - e un' indiscutibile passione - mi ha portata a guardare molte delle sue gare; a vedere documentari, dei film e a leggere dei libri. 

Mi sono commossa, per tanti aspetti. Per l’amore che provava per la sua famiglia, per come quest’ultima abbia accettato col tempo il suo amore per le corse, e sostenuto fino alla fine. 

Mi sono persino arrabbiata quando, a Monaco nel ‘84, fu autore di una gara strepitosa, sospesa proprio sul più bello. Ho gioito per il suo primo mondiale, e commossa ancora una volta per quel Brasile dove vinse con le cinture strette strette, tale da portargli un male cane.

Quando vidi per la prima volta quel suo ultimo giro a Imola, ricordo ancora quel forte magone in gola. Non c’è una volta che, quando rivedo frammenti di video che ripercorrono quegli ultimi istanti, penso: “Cosa avrei provato se lo avessi vissuto? Se fossi stata anche io parte di quella generazione seduta ancora a tavola per un pranzo che diventò in pochi attimi, dal boccone amaro?”

Non lo scoprirò mai, perché sono nata 7 anni dopo. Ma in compenso, ho avuto la possibilità di recuperare tutto, essere qui a scrivere di lui e maturare la consapevolezza che Ayrton Senna, ha dato cuore e anima per la F1. Sì, perché lui e le corse, erano davvero una cosa sola, un sentimento così viscerale che ad oggi, continua ad essere più raro che mai.

E se è vero che ognuno di noi ha il destino tracciato, che nasce per un motivo circoscritto, Senna era nato per correre e per fare di esse, la sua vita intera. Una passione impossibile da dividere. Nemmeno la morte è riuscita a farlo. Se n'è andato mentre faceva ciò che più amava al mondo.

Ayrton Senna è stato molto più di un pilota. E' stato passione, coraggio, dedizione assoluta. Un uomo che ci ha permesso di conoscere cosa significa davvero amare, fino alla follia, la propria vocazione. E ancora oggi, il suo nome continua a correre, tra le piste infinite del cielo. 

Ciao Ayrton, oggi come ieri,
Obrigado por tudo.

Foto copertina x.com

Foto interna x.com

Foto interna x.com

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