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08/10/2025 17:23:00

Tombazis spiega la scelta FIA: perché i giubbotti refrigeranti sono necessari


Articolo di Flavia Delfini
Dopo la gara Heat Hazard di Singapore, la F1 discute l’uso dei giubbotti refrigeranti: tra sicurezza, tecnologia e libertà di scelta, i piloti e la FIA cercano un equilibrio per il futuro.

La Formula 1 si trova ad affrontare una nuova sfida: il calore estremo. Dopo la gara di Singapore, il dibattito sull’uso dei giubbotti refrigeranti ha acceso le discussioni tra piloti e FIA. C'è chi li considera una svolta per la sicurezza, e chi li vede come una complicazione. Al centro della discussione resta un nodo cruciale: come tutelare la salute dei piloti senza intaccare libertà individuale e prestazioni in gara?

 

Ci sono più pro o contro ?

 

 

Alcuni ne hanno elogiato i vantaggi, li hanno indossati durante la gara e non hanno avuto nulla da ridire. Altri invece non sono convinti della loro necessità o non sono soddisfatti del loro funzionamento attuale. Tra i principali contrari all’introduzione obbligatoria c’è Max Verstappen, che ha contestato la spiegazione fornita dalla FIA. Secondo l’organo federale, il motivo per cui non tutti ne riconoscono il valore sarebbe da attribuire ai ritardi dei team nel rendere pienamente operativa la tecnologia.

"Possono dire che é un cattivo progetto. Non sono d'accordo. Deve solo essere un'opzione a scelta dei piloti. Ad alcuni piace, ad altri no, e va bene così. Dovrebbe essere una preferenza personale".

Mentre proseguono le trattative tra piloti e FIA per mantenere facoltativo l’uso dei giubbotti refrigeranti almeno fino al 2026, una cosa è certa: la Formula 1 non intende abbandonare il concetto. Piuttosto che considerare le difficoltà tecniche come un ostacolo insormontabile, la FIA guarda a un quadro più ampio. 

La tecnologia non è ancora perfetta, e per alcuni può sembrare un’aggiunta superflua. Ma se questi sistemi riusciranno a evitare lo scenario estremo di una gara cancellata per il caldo eccessivo, allora ogni sforzo sarà stato giustificato.
 

Ci sono limiti tecnologici 

La FIA riconosce che i sistemi attuali non sono perfetti,ma sottolinea come i ritardi di alcuni team nell’implementazione dei dispositivi abbiano inciso significativamente sulla situazione.

A complicare ulteriormente la situazione è il fatto che la tecnologia disponibile oggi non sembra ancora abbastanza avanzata per offrire una risposta pienamente adatta alle esigenze della Formula 1. Le soluzioni high-tech, come gli scambiatori di calore e i refrigeratori, non hanno dato risultati soddisfacenti. Per ora, il sistema si basa su un circuito di liquido refrigerante che scorre all’interno delle tute dei piloti, raffreddato da blocchi di ghiaccio.

Nonostante le limitazioni, la FIA ha scelto di accelerare l’introduzione di questi sistemi. Come ha spiegato il direttore monoposto della FIA Nikolas Tombazis, è stata la pressione diretta dei piloti, in seguito al durissimo Gran Premio del Qatar 2023, a spingere la federazione ad intervenire con urgenza.

"Gli stessi piloti erano molto critici e chiedevano che venisse fatto qualcosa. All'epoca erano stati pubblicati alcuni articoli scientifici, su riviste mediche e simili, che indicavano che una temperatura corporea elevata per periodi prolungati può causare problemi duraturi, non solo disidratazione. Poiché c'era una forte richiesta di risolvere il problema, non abbiamo esitato un attimo. Ci siamo messi subito al lavoro per risolverlo. Ci é voluto più tempo del previsto, perché la soluzione ingegneristica iniziale che stavamo cercando prevedeva uno scambiatore di calore e varie pompe, oltre forse a una piccola pompa per il refrigerante. Era piuttosto complesso.  Ma poi, tra la metà e la fine del 2024, sono stati condotti alcuni esperimenti che hanno seguito l'attuale filosofia, quella che chiamiamo sistema a perdita totale, poiché non può funzionare all'infinito. Quindi si ha questo ghiaccio che si scioglie gradualmente. Ci sono stati alcuni esperimenti di successo in questo senso e si é deciso che quello era il sistema migliore, il modo migliore per farlo".

C'è ancora una discreta variabilità tra i team per quanto riguarda la durata del funzionamento dei loro sistemi di raffreddamento: alcuni durano solo 15 minuti, mentre altri riescono a funzionare per quasi tutta la durata della gara. Questo spiega probabilmente perché i piloti hanno opinioni così diverse. Sebbene l'attuale sistema abbia certamente i suoi limiti, non essendo in grado di funzionare per l'intera durata della gara, la FIA non ha dubbi che, se i team si impegneranno a farlo funzionare correttamente, le cose miglioreranno. Ecco perché i sistemi di raffreddamento rientrano nella categoria dei cosiddetti componenti open source (OSC): in questo modo tutti i team hanno accesso ai progetti di tutti e possono, in teoria, copiare i migliori.

Tombazis ha aggiunto:

"Abbiamo ritenuto che questo non dovesse essere un ambito in cui cercare di essere più intelligenti o altro. Ecco perché esiste un delta di peso, ecc., in modo da non cercare di progettare un giubbotto più leggero di mezzo chilo o qualcosa del genere. Da allora alcuni produttori di abbigliamento hanno fatto ulteriori progressi e hanno cercato di risolvere alcuni dei problemi, e alcuni team sono stati un po' più proattivi nel risolvere le cose. Non credo che la gente dovrebbe diventare troppo pigra e dire: 'Beh, sai, non sarà obbligatorio, chi se ne frega, non lo indosserò mai'.  Penso che sia facile in un posto come Singapore, dove la temperatura non è terribile, dire: 'Beh, sai, in realtà, sto bene'. Ma in Qatar due anni fa é stata piuttosto dura, e non credo che ci sia alcuna garanzia che non avremo altri eventi come quello del Qatar o forse anche peggiori. E con i climi estremi che abbiamo, l'ultima cosa che chiunque vorrebbe fare è dover annullare una gara perché fa troppo caldo". 

Il punto della questione è che team e piloti si sono ormai abituati a correre secondo schemi consolidati, e ogni cambiamento tende a generare resistenza. È evidente che servirà tempo prima che l’introduzione dei giubbotti refrigeranti venga pienamente accettata, soprattutto in gare come Singapore o Qatar, dove le condizioni climatiche estreme rendono il tema ancora più delicato.

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Foto copertina x.com

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