E’ stata davvero tanta l’attesa per questa gara, per questo primo gran premio del 2014, primo appuntamento anche di una nuova era tecnica per la Formula 1, stravolta in molti dei suoi parametri e concetti al fine di essere maggiormente vicina alle problematiche attuali e future del mondo dell’auto di serie, quella che guidiamo quotidianamente. Una rivoluzione voluta fortemente dall’attuale presidente Fia, Jean Todt, e non pienamente condivisa da Bernie Ecclestone. Cambia lo stile di guida, cambia l’impostazione della gara, cambia soprattutto il sound, anche questo molto diverso e purtroppo meno vivo rispetto a prima. Già, perché il convogliamento degli scarichi (prima erano liberi) nella turbina al fine di aumentare l’ingresso di aria nella camera di scoppio ha l’effetto di un vero e proprio silenziatore. Al quale poi si unisce il fischio, il sibilo tipico dei motori turbo. Suoni dunque più aeronautici che automobilistici ma dicono che ci faremo l’abitudine.
Certi suoni, invece, non cambiano mai. Parliamo del boato del pubblico, degli inni nazionali, dell’esultanza di chi gusta la vittoria. Suoni che oggi Nico Rosberg e la Mercedes hanno potuto assaporare con una certa soddisfazione, con la consapevolezza di essere davanti non per caso. Il team tedesco ha usato tutte le sue forze per preparare al meglio questa stagione molto impegnativa e dalle problematiche inedite: la complessità della power unit e la lunghezza infinita dei cablaggi richiedono una precisione di funzionamento pari o addirittura superiore a quella degli ingranaggi di orologeria. Sin dai test si è potuto notare come l’unità di propulsione Mercedes fosse davanti rispetto alla concorrenza (Ferrari e Renault; la Cosworth è uscita di scena e l’anno prossimo si unirà ai giochi la Honda). La prestazione offerta oggi da Rosberg, però, dimostra che la Mercedes (intesa come team oltre che come motorista) è seriamente una spanna sopra gli avversari. Lo dicono i numeri, espressi in secondi di distacco: Nico ha tagliato il traguardo con oltre venti secondi di margine su Daniel Ricciardo, secondo classificato, nonostante l’ingresso della safety car nella prima metà di gara.
A voler essere pignoli potremmo precisare che Melbourne è un tracciato semi-cittadino, che bisogna aspettare piste più vere (come Sepang, prossimo appuntamento) per giudicare meglio le forze in campo. Si tratta, però, di una mezza verità: la prima gara, indipendentemente dal tracciato, dà sempre un’idea (magari grezza ma pur sempre fedele) di come stanno realmente le cose in pista. La Mercedes, comunque, si è rivelata anche molto fragile: basta guardare la gara, anzi, i pochi giri portati a termine da Lewis Hamilton. L’inglese si è dovuto ritirare praticamente subito per salvaguardare il propulsore in seguito a dei segnali di allarme riscontrati tempestivamente ai box in telemetria. L’obiettivo affidabilità, infatti, è una delle tematiche più importanti dell’anno. Sì, perché è appena iniziato un mondiale in cui non conta solamente andar forte ma soprattutto tagliare il traguardo. Se nelle passate stagioni eravamo abituati a dare quasi per scontato che i motori non si rompessero (dato il livello di affidabilità raggiunto dopo il congelamento dei V8 nel 2006), adesso invece arrivare fino in fondo conta molto di più.
E conta molto anche non avere cali di potenza, come quello lamentato ieri da Vettel e come quelli, presunti, sofferti da entrambe le F14 T oggi. Potrebbe essere questo il motivo di una gara non propriamente all’attacco da parte della Ferrari. Fernando Alonso, quinto, è stato preceduto da entrambe le rinate McLaren (strepitoso il podio all’esordio per Kevin Magnussen, proprio come Hamilton nel 2007). Avrebbe potuto essere un quarto posto senza il sorpasso ad opera di Button nel valzer delle soste, ma siamo lì. E l’ottavo posto di Raikkonen non è stato affatto una passeggiata, nonostante un’ottima partenza del finlandese. A voler vedere il famoso bicchiere mezzo pieno, però, bisogna ascoltare le parole di Alonso, soddisfatto grazie all’arrivo al traguardo di entrambe le Ferrari (lo stesso non possono dire proprio la Mercedes e la Red Bull…).
Una grande gara anche per la Williams, che purtroppo “ha perso” Massa per un contatto alla prima curva ma che ha ottenuto una favolosa sesta posizione con Bottas. Il finlandese ha recuperato dopo aver toccato un muretto e distrutto la gomma posteriore destra, portandosi alle spalle della Ferrari di Alonso e battendo il connazionale Raikkonen. Ci auguriamo che sia un ritorno ai vertici per una delle squadre più importanti della storia della Formula 1, dopo stagioni nere. Continua invece il calvario Lotus (anzi, forse è appena iniziato): sia Grosjean che Maldonado si sono ritirati. Alla fine sono giunte al traguardo quattordici vetture su ventidue e nessuno è rimasto fermo in pista per i temuti problemi di consumo. Da quest’anno, infatti, c’è un’altra novità: non si possono imbarcare più di cento chili di carburante in gara, equivalenti a poco più di centotrenta litri di benzina; in pratica si è ridotta di più di un quarto la quantità di benzina che veniva caricata a bordo fino allo scorso anno per correre i circa trecento km di gara. Una sfida tecnica (e tecnologica) su tutti i fronti, dunque. Complessa, articolata, piena di trappole e fondata sull’integrazione (e interazione) dei vari sistemi. Una sfida che potrebbe immettere nel DNA corsaiolo dei piloti un po’ dello spirito e della disciplina adottati nel ciclismo, dove si corre a tratti in modo costante e in altri momenti tirando al massimo per la volata finale. Una nuova sfida che impegnerà tanto anche il pubblico e che come primo atto ha decretato un grande colpo messo a segno dalla Mercedes. Probabilmente il primo di una lunga serie…