È durato solo una gara il digiuno di Lewis Hamilton (voto 10): pole position, vittoria, giro veloce e controllo completo dal primo all’ultimo giro gli hanno garantito l’ennesimo Gran Chelem della carriera. Una lectio magistralis impartita anche e soprattutto al compagno di squadra Bottas (3), fuori dai giochi a causa di un gravissimo testacoda dietro alla Mercedes con le ruote coperte.
Non gli sarebbe stato tutto così semplice se la fortuna non avesse messo lo zampino. L’intuizione di Vettel, il primo a montare gomme da asciutto durante l’inutile VSC, è stata vanificata dall’incidente del distratto Antonio Giovinazzi (2), smaltatosi nello stesso punto in cui il giorno prima aveva già ridefinito le forme della scarsissima Sauber: l’obbligo del passaggio in pit lane è stata una vera manna dal cielo per i primi della classe che sono usciti davanti al tedeschino.
Che la domenica della Ferrari che conta avesse preso una brutta piega lo si poteva intuire sin dallo sbilenco posizionamento sulla griglia di partenza (graziato dai commissari), ma la riprova definitiva è arrivata quando il più che mai imbolsito Kimi Raikkonen (4), dopo essersi fatto uccellare dalla furia Verstappen millantando chissà quali problemi al motore, si è difeso dal compagno con la stessa foga con cui un bagnante terrebbe a largo una medusa.
Un assedio durato una decina di giri nei quali il distacco di Vettel con il leader della classifica si è ampliato sino ad otto secondi, tanti quanti li separavano al traguardo. Alla Ferrari avrebbero fatto bene a lanciare un ordine di squadra senza attendere gli esiti dell’estenuante stillicidio: probabilmente il risultato finale non sarebbe cambiato, ma Hamilton avrebbe vissuto gli ultimi passaggi con un’apprensione in più. Davvero encomiabile comunque il lavoro di Sebastian (9), autore di due sorpassi d’autore, in particolare quello ruota a ruota con l’indigesto rivale Ricciardo, e di un colpo psicologico mica da ridere su Verstappen, letteralmente impazzito una volta viste le narici del cavallino rampante negli specchietti. Apprezzabile anche il fatto che la scuderia di Maranello abbia raddrizzato la domenica, anziché buttare tutto in vacca come succedeva ad ogni week-end nel 2016.
Al di là dell’errore merita comunque un plauso anche il giovane Max (9): risalito a spron battuto dalla sedicesima piazza ha saputo approfittare delle occasioni favorevoli sino ad issarsi in seconda posizione, salvo poi difendere a denti stretti il gradino più basso del podio dagli attacchi del canguro di squadra (6), trafitto con una stilettata a tradimento nell’istante più favorevole. Daniel soffre terribilmente il confronto con l’indemoniato olandese e le conseguenze sono tangibili: non si sarebbe dovuto permettere il lusso di finirgli dietro, seppur per pochissimi decimi, considerando la differenza di posizioni sullo schieramento.
Nella domenica degli altri questa volta brilla Sainz (8), unico a non aver indossato pneumatici da bagnato; ottimo settimo posto dietro le super potenze per la piccola Toro Rosso. Una pacca sulla spalla anche per il rinato Magnussen (7), ottavo con la Haas, mentre le Force India (6) incamerano altri punti preziosi in ottica costruttori. Ancora una volta l’MVP è stato Fernando Alonso (10 e lode): sino all’eroico tentativo di difesa sul connazionale la carriola arancione era addirittura in settima posizione, ancora una volta contro ogni legge della fisica. Per farsi quattro risate bastava salire in macchina con l’imbarazzante compagno di squadra Vandoorne (1), la cui esperienza in Formula Uno ci auguriamo possa essere arrivata all’apice. All’altro rookie Stroll (nv) lasciamo ancora il beneficio del dubbio, solo perché l’uscita di pista non è stata a causa sua; in ogni caso l’esperto mentore Massa (4) ha chiuso davanti al solo Ericcson (6), a conferma di una domenica storta per la bella Williams.