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18/09/2001

Un articolo per Alex


Articolo di Vittorio Arena
La notizia di quanto accaduto ad Alex nel tragico pomeriggio di ieri ci lascia sgomenti, sconcertati, attoniti. Ma, soprattutto, senza parole...

In quell’incidente, su quel maledetto circuito che il 25 aprile di quest’anno aveva già decretato la prematura morte di Alboreto, un destino crudele ha messo fine alla carriera automobilistica di Zanardi, mettendo in forse la sua stessa vita. Dopo un brillante apprendistato nelle categorie minori, dove si era proposto come uno dei giovani promettenti del panorama mondiale, Alex aveva esordito in Formula 1 agli inizi degli anni ’90, su sedili poco prestigiosi come quelli di Minardi, Jordan e Lotus, riuscendo comunque a mostrare il suo indubbio talento grazie a piazzamenti conquistati con il coltello tra i denti. Ma il suo impegno, la sua tenacia, le sue indubbie doti velocistiche non potevano supplire le enormi carenze di mezzi meccanici ben distanti dalla concorrenza; nè, d’altra parte, potevano colmare la mancanza della solita “valigia di sponsor” multimiliardari, molto più importanti della bontà del piede destro per far carriera nel Circus iridato. Così, nonostante gli unanimi plausi alla sua bravura, il pur validissimo Alex aveva dovuto rinunciare alla Formula 1, per cercare in America quella fortuna che fino ad allora gli era stata negata nel vecchio continente. Una carriera nella formula Cart, la sua, che rimarrà non solo negli annali dell’automobilismo mondiale, ma anche nel cuore di tutti gli appassionati: in appena tre stagioni, Zanardi riuscì a conquistare un titolo di vicecampione, al suo primo anno, e due campionati consecutivi, sbaragliando la concorrenza con gare sempre all’attacco, fatte di sorpassi “impossibili” (celebre quello al cavatappi di Laguna Seca), con l’accelleratore sempre premuto al massimo, e quel pelo sullo stomaco che solo i veri campioni sanno dimostrare. Una testa dura, la sua, tanto da meritargli il soprannome di “Ananas”: idolo delle folle americane per le sue magiche gesta, decise di abbandonare la fama e la gloria conquistate negli USA per tornare non da comprimario, ma da protagonista, in quella fredda Formula 1 che solo tre anni prima lo aveva messo alla porta. Ma la Williams, che pure lo aveva reclutato nell’intento di fargli ripetere le imprese di Jacques Villeneuve, non mantenne le promesse fatte, e gli riservò un trattamento da seconda guida rispetto a quel Ralf Schumacher che si era fatto sempre più popolare in seno al team inglese. Una stagione, la sua, costellata di ritiri per noie meccaniche, insulsi problemi di elettronica, alle prese con una macchina già di base sbagliata, e per di più non curata con le stesse attenzioni riservate a quella del compagno-rivale di squadra. Risultato finale: un licenziamento in tronco che tanto ha fatto discutere, sia perchè non motivato da alcuna mancanza da parte di Alex, sia perchè a danno di un pilota comunque riconosciuto come uno dei migliori al mondo. Ma la carriera di Zanardi doveva continuare: dopo un anno di pausa forzata, causa accordi contrattuali che gli impedivano di correre per tutto il 2000, il campione italiano vedeva piovere su di sè numerose ed importanti offerte dalle più titolate scuderie della Formula Cart, memore del suo talento e delle sue epiche gesta. Solo per la sua tardiva decisione di riprendere parte al campionato americano, Alex perse il treno di un ingaggio sicuro con il team Ganassi, la scuderia con cui aveva corso e vinto i precedenti campionati, o anche con il team Newman, ove si era liberato il posto di Michael Andretti. Ma era già pronta, per lui, la Reynard motorizzata Honda della scuderia di Mo Nunn, che avrebbe avuto il compito di riportarlo nell’Olimpo dei Grandi degli USA. Alex, che sembrava aver abbandonato ogni proposito di rientro, non seppe resistere alla tentazione di tornare a correre, con tutte le intenzioni di riprendere a vincere. E, nonostante la cronica mancanza di competitività della vettura a sua disposizione, già ci stava riuscendo: nel giorno della prima gara europea di Formula Cart sul suolo della vecchia Europa, Zanardi era riuscito a portarsi di nuovo al primo posto della classifica, andando a conquistarsi quella prima posizione che da troppo tempo gli era stata negata. Ma arriva il richiamo da parte dei box: un errore nel calcolo dei rifornimenti lo costringe a rientrare a pochissimi giri dalla fine, quando ormai la bandiera a scacchi è in vista. Alex rientra, effettua il rifornimento ma esce dalla corsia box palesemente nervoso; e la vettura, settata nel tradizionale modo asimmetrico che si usa nei velocissimi circuiti ovali, come impazzita entra in un testacoda incontrollabile, che non viene frenato per l’assenza di qualunque muretto di protezione tra corsia di accellerazione dai box e tracciato di gara vero e proprio. La monoposto finisce in mezzo alla pista, nella parodia di un balletto mortale: Carpenter lo evita in maniera miracolosa, ma Tagliani se lo trova in piena traiettoria, e lo centra in uno schianto impressionante. Brividi lungo la schiena; incredulità; terrore. E’ subito chiaro che l’incidente ha avuto conseguenze gravissime. Dopo l’attentato a danno degli Usa, ed il clima di tensione per una situazione internazionale sempre più in bilico, è davvero troppo da sopportare. Le notizie sono drammatiche: Tagliani, nonostante l’impatto sia avvenuto ad una velocità stimata di molto superiore ai 320 Km/h, riporta numerose lesioni; ma va molto peggio ad Alex, che pur cosciente viene trasportato d’urgenza in ospedale, in condizioni disperate. Il pronto intervento dei medici della clinica di Berlino-Marzahn, in una operazione durata intorno alle cinque ore, riesce a mantenere Alex in vita, ma solo grazie all’amputazione di entrambe le gambe. La sua situazione di coma farmacologico (ovvero indotto dai medicinali, per non sottoporlo ad uno stress che vista la debolezza potrebbe essere fatale) appare stabile, ma la sua vita rimane appesa ad un filo. Solo nelle prossime 24/48 ore si potrà dire qualcosa di più sicuro. Gli appassionati sono attoniti; ci si chiede se sia giusto ed opportuno disputare il G.P. di Monza in queste condizioni di estrema tensione. Lo spettro della guerra prima; la tragedia di Alex poi: tutto mette in discussione la voglia di correre un G.P. che, anzichè essere la festa italiana del titolo mondiale Ferrari, oltre che la commemorazione di un Gislimberti che in questi giorni tutti sembrano essersi dimenticati, rischia di trasformarsi nella parodia di se stesso. Nel disinteresse generale per l’esito di una gara che, se si correrà, avrà comunque ben poco di sportivo, rivolgiamo il nostro pensiero ad Alex. Nella speranza che la buona sorte lo assista, e decida ciò che è meglio per lui. In bocca al lupo, Alex. Sei nei nostri cuori.