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01/06/2022 10:35:00

F1 - Non tutti i rimbalzi sono uguali: le differenze tra bottoming e porpoising


News di Marco Sassara

Il GP di Monaco è stato un weekend particolare per i team di F1. Non solo perché si è sostenuto l’evento più glamour della stagione su uno dei tracciati più simbolici per i piloti, ma anche perché questi si sono ritrovati ad affrontare dei rimbalzi particolari, dei rimbalzi ‘’nuovi’’ rispetto ai passati appuntamenti. Dei saltellamenti non dovuti al porpoising, bensì al bottoming.

Quest’ultimo non è certo una novità nel 2022, l’aspetto quasi del tutto inedito, rispetto ai passati weekend, dove questi due dannosi effetti venivano riscontrati entrambi dalle monoposto, a Monte Carlo nessuno ha lamentato problemi di rimbalzo aerodinamico, mentre ci si è ritrovati a fare i conti prevalentemente con il bottoming.

Un fenomeno di cui Hamilton, sette volte campione del mondo della Mercedes, aveva così parlato durante il weekend: “La pista è la più accidentata su cui sia mai stato. Questo, oltre a rendere le cose difficili porta anche la nostra vettura a rimbalzare molto. Un rimbalzo diverso da quello che abbiamo sperimentato in passato. Avviene nelle curve a bassa velocità, non c'entra nulla con l'aerodinamica”. A cosa si riferiva? Scopriamolo.

Bottoming

Ciò a cui faceva riferimento Lewis era il bottoming: un fenomeno sicuramente molto più semplice da comprendere rispetto al porpoising, che si innesca quando la parte sottostante della vettura (il fondo, da qui il nome bottom) tocca il manto stradale ricevendone improvvisamente un contraccolpo. “A volte penso che i miei occhi stiano per scire dalle orbite” aveva proseguito Hamilton sempre nelle stesse dichiarazioni (qui il testo completo).

Soluzione: basta semplicemente regolare adeguatamente l’altezza da terra affinché la vettura riesca a superare le sconnessioni dell’asfalto senza che avvenga alcun contatto. Ovviamente però le cose non sono così facili come sembra. Le monoposto 2022 sono pensate per dover estrarre il massimo dall’effetto suolo, ragione per cui i tecnici cercano sempre di correre con l’altezza più bassa possibile.

Porpoising

Il porpoising è un effetto decisamente più particolare. A differenza del bottoming è strettamente correlato all’aerodinamica della monoposto (da qui prende il nome di ritorno aerodinamico), più precisamente di quella riguardante il fondo. Il fenomeno si innesca soprattutto in rettilineo con salti violenti ad alte velocità ed è un tratto distintivo delle vetture che puntano sull’effetto suolo.

Come si genera: di pari passo all’incremento di velocità della monoposto, aumenta anche la deportanza della stessa. Il main plain dell’ala anteriore si avvicina conseguentemente a terra e questo non fa altro che contribuire alla generazione ulteriore di downforce che continua sempre più a spingere la vettura verso il basso. Più l'auto si avvicina al manto stradale, più l’effetto suolo diventa potente. L’aria sottostante alla monoposto inizia a scorrere con maggiore velocità, la differenza di pressione tra la superficie sottostante e quella sovrastante aumenta fino a che gran parte del carico viene improvvisamente rilasciata facendo sollevare, come diretta reazione, la parte anteriore dell’auto. Subito dopo l’ala ritorna ad abbassarsi e l’effetto suolo riprende a lavorare correttamente. Il fenomeno (che a questo punto dovreste aver anche intuito perché viene spesso definito ‘’delfino’’) si ripete fino a che il pilota non arriva al punto di frenata, rallenta la sua corsa e smorza la risonanza.

Soluzioni: la più semplice, ma anche la meno adatta a livello di performance, è quella di alzare l’altezza della vettura. I team, tuttavia, vogliono che questo valore sia il più basso possibile. E' per questo che team, come la Mercedes, hanno puntato molti dei loro investimenti sullo studio di diverse tipologie di fondo alla ricerca della specifica che permetta alle rispettive auto di correre rasenti al suolo.

HAMILTON COMMENTA I RIMBALZI DELLA W13 A MONACO: «SENTIVO GLI OCCHI USCIRE DALLE ORBITE»

Foto: Mercedes