Ogni vittoria della Ferrari rievoca inevitabilmente i dolci ricordi dei fasti di un tempo, in cui il Cavallino Rampante recitava il ruolo della gioiosa macchina da guerra, per dirla alla Occhetto. La vittoria nel gran premio di Singapore assume un valore ancora più elevato in relazione al livello prestazionale della SF-23 che in gara era forse la terza forza in pista. Sono probabilmente queste le prestazioni che conferiscono maggiore spessore al valore del pilota. In tal senso uno dei temi che ha sempre diviso i fan e gli addetti ai lavori è chi possa essere considerato il miglior pilota della Formula 1 moderna. Per molti osservatori un esercizio inutile in ragione del diverso contesto tecnologico in cui hanno gareggiato i campionissimi della categoria. Personalmente credo che diversi fattori possano aiutare a comparare driver che hanno segnato epoche distinte della massima categoria del motorsport. Dedizione, capacità di indirizzare lo sviluppo del mezzo, abilità di guida sul bagnato, leadership all’interno del team sono doti senza tempo.
Indipendentemente dai dati statistici, che forniscono la tara quantitativa dei traguardi raggiunti da un pilota, il peso specifico di determinati successi consente di giungere ad altre conclusioni. Per intenderci la stagione 2023 di Max Verstappen sarà ricordata per i tanti record infranti dal campione del mondo olandese ma la superiorità della RB19 sarà sempre considerato il fattore determinate dei suoi successi. Lo stesso dicasi per i successi conseguiti da Lewis Hamilton con Mercedes soprattutto nelle prime stagioni dell’era turbo ibrida, in cui la power unit della stella a tre punte era superiore anni luce rispetto alla concorrenza. La medesima obiezione si può traslare in merito ai successi di Sebastian Vettel e soprattutto di Michael Schumacher.
E’ indubbio che il fuoriclasse di Kerpen abbia stracciato la concorrenza grazie ad alcune tra le migliori monoposto prodotte dal Cavallino Rampante, ma ciò che rende unico Michael è la quantità di successi ottenuti quando il mezzo non era ancora all’altezza del pilota. La stagione 1996 di Schumacher è stata probabilmente la dimostrazione lampante del valore aggiunto del pilota rispetto al mezzo. Probabilmente la F310 ad inizio stagione era una monoposto da metà schieramento, come sostenuto da Eddie Irvine in diverse circostanze. Williams, Benetton, McLaren avevano un potenziale superiore rispetto al progetto di John Barnard.
Schumacher coglie il primo successo in Ferrari nel gran premio di Spagna del 1996
Eppure l’allora due volte campione del mondo tedesco riuscì a vincere tre gran premi e segnare quattro pole position tra lo stupore generale. Un uomo che prese sulle sue spalle un team allo sbando i cui vertici stavano pensando seriamente di rivoluzionare ponendo fine al mandato di Jean Todt. Michael legò la sua permanenza in rosso a quella del team principal francese, divenendo di fatto la stella polare della scuderia modenese sia per il management della GES che per gli ingegneri e tecnici il cui lavoro veniva finalmente massimizzato dal driver tedesco. Non esiste nella storia moderna della Formula 1 un asso del volante che abbia influito a tutti livelli di un team come Michael Schumacher in Ferrari.
Schumacher festeggia con il team la vittoria nel gran premio di Imola del 2000
Capace di vincere con monoposto mediocri, di convincere gli uomini chiave della Benetton a sposare la causa della storica scuderia italiana, di fare da scudo verso il team nei momenti di difficoltà. Mai una polemica quando avrebbe potuto additare le sconfitte alle lacune di un team in fase di ricostruzione.
La meticolosità di Michael lo portava spesso a seguire il lavoro dei tecnici
Alla velocità naturale Schumacher abbinò inoltre una preparazione fisica all’avanguardia grazie a specifici macchinari prodotti dalla azienda italiana Technogym. Probabilmente altri fuoriclasse della Formula 1 sono stati e sono veloci quanto Michael ma nessuno ha accettato di mettere in gioco la propria carriera in quella che sembrava una causa persa in partenza: riportare il Cavallino Rampante sul tetto del mondo.
Il mantra di Michael Schumacher esposto nel museo Ferrari
Come disse l’avvocato Giovanni Agnelli, Michael non era costato un “tozzo di pane” ma il pilota oltre alle sue indubbie capacità di guida portò in dote una mentalità votata al miglioramento continuo e non alla vittoria sporadica salva stagione. Per tutti questi motivi Michael resterà per sempre l’unico GOAT della Formula 1.
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Foto interna x.com
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