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27/10/2023 06:30:00

Ferrari: perché la tappa in Messico è la più temuta dal team di Maranello


Articolo di Roberto Cecere
Nel prossimo weekend la Formula 1 farà tappa in Messico nell’impianto intitolato ai fratelli Rodríguez. Da sempre questo tracciato rappresenta una sfida per gli ingegneri dei team in quanto l’autodromo si trova a 2200 metri sul livello del mare…

Nel prossimo weekend la Formula 1 farà tappa in Messico nell’impianto intitolato ai fratelli Rodríguez. Da sempre questo tracciato rappresenta una sfida per gli ingegneri dei team in quanto l’autodromo è in altura, precisamente a 2200 metri sul livello del mare. L’aria più rarefatta, obbliga la ricerca del massimo carico aerodinamico, ai livelli di Monaco e Singapore. La minore densità dell’aria diminuisce la resistenza all’avanzamento, consentendo alle vetture di raggiungere velocità di punta molto elevate. Non è un caso che il record di velocità massima in una sessione ufficiale di un gran premio sia stata registrata proprio su questa pista nel 2016 quando la Williams di Valtteri Bottas raggiunse i 372,5 km/h.

Il record di velocità fatto registrare da Bottas nel GP del Messico del 2016 – Credit: F1.com

 

Una performance difficilmente replicabile dalla attuale generazione di monoposto di dimensioni fin troppo generose che pagano lo scotto a causa di una maggiore resistenza all’avanzamento.

Ora cercheremo di spiegare nel modo più intuitivo il motivo per il quale le monoposto dovranno adottare setup ad elevato carico aerodinamico nonostante la geometria del circuito si presterebbe ad assetti completamente diversi se sorgesse al livello del mare. Nella successiva illustrazione viene riportata la legge dei gas ideali. Si evince che la pressione dell’aria è direttamente proporzionale alla sua densità. Pertanto ad una diminuzione della pressione dell’aria corrisponde una minore densità della stessa. In pratica ad elevate quote il flusso che investe le monoposto è povero di molecole d’aria generando minore pressione sulle superfici deportanti delle monoposto.

Impatto della rarefazione dell’aria sulle monoposto di F1 – Credit: @robertofunoat

 

Ma l’unicità della location del gran premio del Messico determina diverse altre criticità. La pressione ambientale è la più bassa della stagione (pari a 782mb, nda), conseguentemente i livelli di ossigeno sono prossimi al 78% rispetto a quelli presenti sul livello del mare. Ciò ha un grande impatto sull’aerodinamica e sulle power unit. Meno ossigeno nell'aria significa una combustione meno esplosiva del carburante nell’ICE (motore a combustione interna, nda). Si stima che ogni 100 metri sopra il livello del mare si verifichi un calo di potenza dell'1%. Nel caso del circuito di Città del Messico, quindi, il depotenziamento dei V6 è prossimo 22% dei valori nominali. Tuttavia il turbocompressore compensa parte della perdita di potenza, ma non tutta, operando a velocità superiori proprio per effetto della rarefazione dell’aria. Tuttavia l'aria rarefatta fa sì che l'effetto di raffreddamento delle unità di potenza sia notevolmente inferiore e il rischio di surriscaldamento del turbo può determinare a sua volta una perdita di potenza. Insomma davvero un rompicapo per gli ingegneri delle scuderie.

Per la Scuderia Ferrari, la tappa in Messico della passata stagione fu un disastro, probabilmente la peggiore in termini prestazionali. L’ex Team Principal della rossa, Mattia Binotto, additò le deludenti performance alle caratteristiche architetturali della power unit 066/7: “Lato power unit sapevamo che avremmo avuto uno svantaggio, ma non tale da giustificare questa prestazione. La difficoltà della power unit deriva da un nostro dimensionamento del turbo che a quell’altitudine e quell’aria rarefatta ci ha penalizzato più degli avversari”. La Power Unit 066/10 che equipaggia la SF-23 non differisce rispetto a quella della scorsa stagione, a meno delle modifiche apportate in deroga al “freeze” dei propulsori (scattato il primo settembre 2022) che hanno garantito un notevole miglioramento dell’affidabilità complessiva. Il turbo della Rossa non è stato progettato per raggiungere i 125.000 RPM (giri al minuto). Questo in quanto si è preferito optare per una unità turbocompressa di dimensioni ridotte per minimizzare il fenomeno del turbo-lag, ovvero il ritardo di erogazione della potenza offerta dal turbocompressore. Probabilmente anche quest’anno gli uomini di Maranello per compensare il minore apporto di potenza offerto dalla power unit, dovranno utilizzare un setup leggermente più scarico rispetto alla concorrenza. 

 

La RB18 nel segmento tortuoso dello stadio nella scorsa edizione del GP del Messico

 

Tale configurazione aerodinamica potrebbe costare caro nell’economia della gara quando sarà necessario gestire una monoposto con minore carico verticale soprattutto nella zona dello stadio. Se sul giro secco le mescole più morbide maschereranno la minore “downforce” in gara il degrado gomma potrebbe essere una grossa criticità per Charles Leclerc e Carlos Sainz.

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