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07/11/2023 06:30:00

Charles, non chiamarla sfortuna. Sarebbe un alibi pericoloso


Articolo di Roberto Cecere
Nella maggior parte dei casi la sfortuna è l’unico appiglio a cui aggrapparsi per mascherare approssimazione e superficialità. Nella disciplina a maggior tasso tecnologico ricorrere alla sfortuna è un alibi destabilizzante…

Il gran premio di Charles Leclerc è durato giusto il tempo di percorrere cinque curve del formation lap. Un guasto sulla monoposto n° 16 attribuito al sistema idraulico non ha dato scampo al monegasco che è diventato passeggero del suo mezzo nella “maledetta” curva Ferradura. La medesima piega a sinistra in cui lo scorso anno perse il controllo della F1-75 a causa di un passaggio troppo aggressivo sul cordolo mentre era in lotta con Lando Norris. La frustrazione di Charles è comprensibile in quanto il team di Maranello aveva puntato tutto sulla gara, sacrificando la sprint race in funzione dell’ottima qualifica del venerdì in cui aveva agguantato un’ottima prima fila. Quando il pilota si è aperto in radio ha dato sfogo a un convincimento che sta pericolosamente pervadendo la mente del driver. “Quanto sono sfortunato” ha esclamato con voce rassegnata il campione del Cavallino Rampante. 

Uno sconsolato Leclerc dopo il guasto alla SF-23 nel giro di formazione – Credit: formula1.com 


Una sorta di resa al destino avverso, reazione umana figlia di una stagione molto frustrante. Purtroppo il sottoscritto non crede nella fortuna / sfortuna che nella maggior parte dei casi è l’unico appiglio a cui aggrapparsi per mascherare approssimazione e superficialità. Nella disciplina a maggior tasso tecnologico ricorrere alla sfortuna è un alibi destabilizzante. Sarebbe molto meglio ammettere di aver sbagliato come squadra piuttosto che additare le sconfitte alla Dea bendata. Ad esempio nella sprint race l’assillante remind di Xavi Marcos nell’ effettuare lift and coast a causa delle temperature di esercizio della PU 066/10 non erano un campanello di allarme ma un campanile. 

Team radio Xavi Marcos – Leclerc nel corso della sprintrace – Credit: @robertofunoat


E qui arrivo al quesito che può valere tanto o niente. Ferrari ha omologato la quarta power unit a Zandvoort con il preciso intendimento di ben figurare nel gran premio di casa a Monza. Sembrava scontata l’omologazione della quinta unità per presentarsi nel prossimo gran premio a Las Vegas con un motore fresco, gara in cui la SF-23 potrebbe ben figurare. Invece si è scelto di marcare a uomo Mercedes nella difficile rincorsa al secondo posto nella classifica costruttori. Anche gli scatti in partenza negli ultimi due gran premi hanno fatto spazientire il più analitico Carlos Sainz che ha esplicitamente chiesto di buttare la frizione della sua PU una volta tornati a Maranello. Forse la corda dell'affidabilità in casa Ferrari è stata tesa fin troppo. 

Leclerc pochi istanti prima del formation lap – Credit: Ferrari Media Gallery


La reale causa del guasto che sarà analizzato in fabbrica forse non la conosceremo mai tuttavia nel lasso di 4 round uno dei piloti del Cavallino Rampante non è riuscito a prendere parte alla gara. Noie tecniche completamente diverse ma che hanno in comune l’incapacità di analizzare parametri predittivi di un guasto serio. Charles la sfortuna è il pneumatico che rimbalza impazzito e rompe l’ala posteriore dell’Alpha Tauri di Ricciardo trovatosi al posto sbagliato nel momento sbagliato. Un guasto tecnico non è sfortuna. Qualcosa non ha funzionato nel controllo qualità o nella valutazione dello stato di usura di una delle componenti della Power Unit. Se il monegasco intende essere il “faro” del Cavallino Rampante deve eliminare dal suo vocabolario il termine sfortuna perché è un pericoloso alibi che deresponsabilizza chi non ha operato bene in fabbrica e in pista. Di cavalieri sfortunati la storica scuderia italiana ne ha avuti tanti. Serve un condottiero spietato, esigente e a volte cattivo.

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Foto interna www.ferrari.com

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