Il 2019 è stata una stagione decisiva, e tutt'altro che priva di difficoltà e dure sfide, per la carriera di Pierre Gasly. Il francese, dopo aver ottenuto la tanto desiderata promozione in Red Bull dal team Toro Rosso nel 2018, ha subito la brutale retrocessione, in direzione opposta, dopo solo mezza stagione nelle team di Milton Keynes. Una retrocessione dura e difficile da accettare, ma figlia della grande fatica di Pierre nel riuscire, nè ad eguagliare e neppure a tenere il passo e ad attestarsi sugli stessi livelli prestazionali del compagno di squadra, Max Verstappen.
Nonostante quanto detto però, il pilota di Rouen non si è mai abbattuto dopo questo episodio ma, al contrario, è andato sempre più rafforzandosi e migliorandosi come pilota, riuscendo addirittura a portare al successo il team AlphaTauri nel Gran Premio d’Italia 2020, a Monza. Un percorso in crescendo che, a fine 2022, ha portato il pilota transalpino a lasciare la famiglia Red Bull, passando in Alpine a partire dal 2023 nella speranza di compiere un decisivo passo verso un ruolo da pilota protagonista tra quelli presenti in griglia.
Una storia in Red Bull su cui però, neo corso di un suo intervento al podcast della F1, " Beyond The Grid" ha voluto riflettere lo stesso Gasly. Una storia che il pilota numero 10 ha ricordato con piacere, e riconoscenza per il supporto ricevuto nel cammino di avvicinamento aa F1, fatto anche di nuove e formative esperienze, come l'annata trascorsa come pilota di Super Formula in Giappone.
"Alla fine, quando ripenso alla Red Bull, sono stati nove anni e mezzo di pura gioia, risultati incredibili e lotta per la F1. Non è stato un percorso facile arrivare in Formula 1. Sono stato mandato in Giappone, che all'epoca mi sembrava una punizione. Eppure è stata una delle stagioni più emozionanti che abbia mai avuto. L’ho adorato e ora sento un legame con il Giappone che ogni anno vorrei poter avere tre o quattro settimane da trascorrere lì. È stata un’esperienza di vita straordinaria, un campionato straordinario, una grande sfida. C'era molta pressione, ma adoro quella pressione. Una macchina nuova, non avevo idea delle piste ma non sono crollato, semmai sono migliorato".
Un percorso che lo ha portato poi in F1, prima in Toro Rosso e poi in Red Bull, seppur solo per metà stagione a causa di molte difficoltà incontrate, del duro confronto con Max Verstappen e di una Red Bull, a differenza di oggi, ben poco competitiva.
“In F1 è stata una corsa sulle montagne russe, dal podio alla promozione nel miglior team. È stato un peccato, quell'anno, che la macchina non funzionasse bene, è stato semplicemente un momento sfortunato e le cose non sono andate nel migliore dei modi. Sicuramente mi ha reso migliore come pilota e come persona”.
In chiusura Pierre si è poi detto certo di aver compreso cosa non ha funzionato nel suo 2019 a Milton Keynes, esponendo poi la sua volontà, un giorno, di parlare di quella stagione e della sua retrocessione con il super consigliere della Red Bull, il Dottor Helmut Marko.
“Spero che un giorno avremo la possibilità di parlare. Ma so che, nel profondo, sono persone intelligenti. E' andata così, non era giusto. Ma questo è lo sport e ho anche imparato che questo sport non è sempre giusto. Ho davvero chiuso lasciando AlphaTauri e aprendo una storia nuova con Alpine. Penso di aver raggiunto un livello di esperienza, abilità e consapevolezza che, anche grazie alle mie precedenti esperienze, mi permette di essere migliore rispetto a ieri.”
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