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25/01/2024 06:45:00

Irvine, Barrichello, Massa: seconde guide quasi vincenti


Articolo di Paolo Marcacci
Tre storie di ferraristi a loro modo importanti, tre vicende sportive per le quali, perlomeno in due casi, il raggiungimento della gloria definitiva fu perlomeno pensabile, possibile, addirittura vicino…

Tre piloti intorno al còr mi son venuti. Una botta a metà tra Stilnovismo e Formula Uno? Più che altro, tre storie di ferraristi a loro modo importanti, tre vicende sportive per le quali, perlomeno in due casi, il raggiungimento della gloria definitiva fu perlomeno pensabile, possibile, addirittura vicino. Molto vicino, ripercorrendo con la memoria episodi e ripensando alle “sliding doors” del destino. Un destino aiutato, o complicato a seconda del punto di vista, da come altri uomini hanno inciso sugli eventi. 



Eddie Irvine, figlio di un concessionario d’auto di Newtonwords, Irlanda del Nord. In Formula Uno dal 1993 al 2002: gli inizi con la Jordan, l’epilogo con la Jaguar, per chi se la ricorda. In mezzo, un’esperienza in Ferrari nell’epoca, ed epica, indimenticabile, ossia quella di Michael Schumacher: Irvine arriva a Maranello per la stagione 1996; a quell’epoca il Kaiser è già due volte Campione del Mondo, ma il suo ciclo di vittorie in rosso deve ancora iniziare.

Il 1999, complice il grave infortunio di Schumacher a tibia e perone, sembra l’anno buono per Eddie, che vince a Melbourne, poi si ripete in Austria e in Germania, anche se la McLaren sembra non avere punti deboli. Ve lo ricordate il Gran Premio d’Europa a Silverstone di quell’anno? L’avranno mai trovato lo pneumatico posteriore destro aspettando il quale Irvine perse secondi e piazzamenti? Tante cose si dissero, alla fine di quella stagione, al termine della quale anche uno serafico come l’Irlandese perse le staffe e decise di andarsene alla Jaguar. Noi ne ricordiamo due, abbastanza significative: Hakkinen quel Mondiale lo vinse per soli due punti e, per dirla propria tutta, ai festeggiamenti della McLaren partecipò un Michael Schumacher per nulla affranto.

Rubens Barrichello, quasi vent’anni di Formula Uno, dal 1993 al 2011, 322 gran premi disputati. Un’infanzia e un’adolescenza trascorse a vincere con i kart in Brasile, poi un volante in Formula Uno offerto da Eddie Jordan nel 1993. Nel ‘99, dopo l’uscita polemica di Irvine, a Maranello scelgono lui per affiancare Schumi. Indimenticabile la sua vittoria a Hockenheim nel 2000, dopo una partenza dalla diciottesima posizione e una “traversata” sotto la pioggia. Un’altra straordinaria prestazione a Silverstone nel 2003, altre vittorie, nei piazzamenti. Un’impresa non facile, per Rubinho, ricavarsi spicchi di sole all’ombra del più grande. Con il senno di poi, ce la fece eccome, prima di trasferirsi alla Honda nel 2006.

Dei tre, lui è stato quello che in rosso la chance mondiale non ha avuto occasione di giocarsela, eppure nella storia ferrarista il suo ruolo e il suo apporto continuano a essere considerati importanti e ricordati con calore dagli appassionati.



Da un brasiliano all’altro, Felipe Massa, classe 1981, arriva in Ferrari nel 2006, l’ultimo anno a Maranello di Schumacher, il quale per Massa è una guida e una sorta di “fratellone”. Vince, in quella stagione, in Turchia e a San Paolo, con il pubblico di casa in delirio. Nel 2007 arriva Raikkonen e Ferrari vince il suo ultimo titolo mondiale, in quella stagione. L’anno seguente, il 2008, è quello in cui Massa sfiora il suo, di titolo mondiale. Anzi, per trentotto secondi lo assapora, tagliando per primo il traguardo a Interlagos, con un meteo ballerino e Lewis Hamilton dietro, ma che riesce a superare la Toyota di Glock alla penultima curva classificandosi quinto: l’inglese, per un solo punto, è Campione del Mondo.

Un 2009 da incubo, segnato dal brutto e pericolosissimo incidente all’occhio nelle qualifiche del GP d’Ungheria, poi un vivacchiare frustrante all’ombra di un famelico Fernando Alonso, che però è a sua volta vittima del fato e delle contingenze, visto che lo spagnolo vede anche lui da vicino l’alloro iridato, molto da vicino, per poi recriminare a vita. 

Tre storie di tre ferraristi, più forti e grandi dei loro risultati, che in un’altra epoca avrebbero probabilmente raccolto ciò che il loro valore meritava.

Foto interna www.omologatowatches.com

Foto interna www.eurosport.it

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