Talento, monoposto, fortuna e soprattutto tanta voglia di lavorare e di ricercare costantemente la perfezione, da solo ed insieme alla squadra (spronandola e mai accusandola): sono gli ingredienti che hanno permesso a Michael Schumacher di diventare il pilota più titolato nella storia della F1, di 91 vittorie ed una lunga serie di altri record nel corso della sua ventennale carriera nella massima serie automobilistica.
Doti naturali, ma anche frutto del lavoro, che hanno portato, dati alla mano, il sette volte campione del mondo a vincere ovunque, con chiunque e in qualsiasi stagione che ha disputato completamente nel corso della sua prima "avventura" nel Circus. Una striscia impressionante che, purtroppo, il tedesco non ha proseguito nel corso del suo "secondo tempo" in F1 quando, dopo tre anni di stop, torno alle competizioni al volante della Mercedes, ad oltre 40 anni di età. Un periodo di tre anni in cui, con un team ancora acerbo, il pilota di Kerpen raccolse solamente un podio (Valencia 2012) ma nessun successo.
Un rientro avaro di soddisfazioni in cui però, malgrado tutto, ebbe il merito di portare al team di Brackley molta esperienza e solidità, importanti nel gettare le basi di quella che, dal 2014, sarebbe stata una macchina da guerra più che un team di F1, capace di centrare ben 8 titoli mondiali costruttori consecutivi. Un merito che, senza giri di parole, è stato riconosciuto dall’ex stratega del team di Brackley ed attuale team principal della Williams, James Vowles, nel corso di una intervista al podcast "High Performance".
Il tecnico inglese, che ha legato alla storia di Schumacher in Mercedes il suo più grande rimpianto professionale, per prima cosa ha sottolineato le straordinarie doti di team leader del teutonico, cruciali per i suoi successi.
"Michael sapeva come ottenere ogni millisecondo da se stesso e dal team. Era un leader e quando diceva di voler andare in una direzione, la squadra lo seguiva".
Capacità che, ahilui, in Mercedes non hanno mai portato i frutti sperati, visto che per il tedesco è arrivato, come detto, solo un podio in tre stagioni, a differenza di quanto invece accaduto a Nico Rosberg che riuscì a vincere il GP di Cina nel 2012. Una zampata mancata che, a tutt'oggi, è un grande rimpianto per James Vowles.
"Una cosa che rimpiango nella mia carriera è che non siamo riusciti a dargli una vittoria. Questo mi addolora ancora oggi, perché meritava di vincere".
Per chiudere, l'attuale boss della Williams ha parlato del Michael "privato": un personaggio profondo, davvero umano e attento alle vicende di tutti i membri del team per cui gareggiava, in maniera disinteressata.
"Sapeva il compleanno anche della mia compagna e le ha mandato dei fiori, nemmeno io lo facevo. Si interessava sinceramente a noi, alle famiglie e alle motivazioni. È difficile da trovare. Non lo faceva perché voleva ottenere un vantaggio, ma perché ci teneva: il Michael che si vedeva nei media era molto diverso dal Michael dietro le quinte".
Leggi anche: Un team fallisce il crash test laterale: problemi nello sviluppo?
Leggi anche: Mercedes, Allison: «Red Bull? Avvicinarli è una sfida divertente. Ecco cosa ammiro di loro»
Foto copertina twitter.com