È una notizia che tiene banco da oltre una settimana: Lewis Hamilton sarà pilota della Ferrari a partire dal 2024. Un accordo che sancisce il colpo del secolo per la F1, dando vita al connubio tra team e pilota più vincenti nella storia del Circus. Una mossa che, sembra, sia stata voluta da John Elkann, presidente del Cavallino, mosso dalla stima nei confronti del britannico e dai benefici che l'epta iridato porterà: esperienza, conoscenze di un team rivale, visibilità e valore aggiunto al volante.
Un accordo che, inoltre, mostra la volontà della Scuderia di tornare a vincere, andando ad aggiungersi alle altre mosse operate dal numero uno di Stellantis che, nell'ultimo anno, ha ingaggiato un nuovo team principal, nuovi tecnici e rinnovato il contratto di Leclerc che, con Lewis, comporrà un dream team. Un accordo che, come inevitabile che sia, ha scatenato l'opinione pubblica e molti, tra gli addetti ai lavori, hanno tenuto a commentare questa unione.
Un commento a cui non si è sottrarratto Aldo Costa, oggi direttore tecnico Dallara, che nel corso della sua carriera (in Mercedes e Ferrari su tutte), ha lavorato con i due fuoriclasse assoluti: Lewis Hamilton e Michael Schumacher, all'alba degli anni 2000, facendo parte del Dream Team di Maranello, replicando poi i successi in Mercedes. Esperienza che, in un'intervista rilasciata a Leo Turrini, ha portato Costa a svolgere un parallelismo tra i piloti.
"Michael Schumacher e Lewis Hamilton hanno molte cose in comune. Ma esistono anche notevoli differenze. È comunque bellissimo che i due piloti più vincenti nella storia della F1 abbiano scelto di legare il loro nome alla Ferrari… Mi rifiuto di rispondere su chi sia il migliore, è una provocazione. Voglio dire che Michael e Lewis sono meno lontani di quanto si possa immaginare. Entrambi hanno sempre avuto un approccio analitico alle cose di pista, meticolosi, professionali. Sanno che a certi livelli sono i dettagli a spostare l’equilibrio, a determinare il risultato”.
Un parallelismo che l'ingegnere italiano vede convergere nel carattere dei due piloti epta iridati, umani nelle relazioni e capace di lavorare al meglio con lo staff tecnico.
“Michael era umanissimo nella relazione di lavoro. Si sedeva con i tecnici e trasmetteva le sensazioni sulla macchina che guidava. Non era mai ossessivo, ecco. Hamilton stessa pasta. Lewis l’ho conosciuto meglio, perché in Mercedes avevo un ruolo che mi metteva a più diretto contatto con il pilota, eravamo in simbiosi. Hamilton, come Schumi, chiede fiducia e si fida di te”.
Proseguendo nel parallelismo tra i piloti più vincenti della F1, Costa ha evidenziato anche le inevitabili differenze figlie dell'epoca a cui essi appartengono.
"Appartengono a culture non sovrapponibili. Schumacher è stato l’ultimo driver di un’epoca in cui le macchine venivano sviluppate in pista, tramite test. E in questo era formidabile, unico. Lewis appartiene al tempo del simulatore. Sono cambiate le regole. Michael stava sempre al volante, Hamilton quasi mai perché non può. Non a caso Schumi quando tornò a correre nel 2010, senza più i test in circuito, si trovò male, lui il simulatore lo odiava”.
Secondo l'ingegnere della Dallara, un altro punto in comune tra Hamilton e Schumi è quello della gestione delle gomme.
"Schumi determinava lo sviluppo delle gomme con i test, perché poteva farlo. Nell’era di Hamilton le gomme sono battezzate prima dal fornitore e la grandezza del pilota sta nella capacità di far rendere al massimo pneumatici che non conosce. E in questo lui è un maestro, come Michael”.
Infine, l'ex direttore tecnico del Cavallino ha parlato del possibile arrivo di tecnici Mercedes al seguito del pilota inglese.
“Lewis è un istintivo. Ha seguito il cuore. Non è una svolta dettata dal Dio denaro. Non so se Hamilton porterà tecnici con sé. Quando nel 2013 venne in Mercedes lasciando la McLaren, si presentò da solo. Gli diedero del pazzo, si sa come è andata”.
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