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07/10/2024 09:00:00

Jochen Mass: il mare, il talento, il giro maledetto


Articolo di Paolo Marcacci
Dici Mass, parlando di storia della Formula 1, e automaticamente tornano i fotogrammi che il cuore ancora rifiuta. Proprio per questo una storia quasi picaresca del motorsport come quella di questo tedesco, non può essere racchiusa in solo maledetto giro

Il volto sconsolato, incredulo; lo sguardo nel vuoto, perso verso gli interrogativi che stanno sul confine tra colpa e fatalità. È l'istantanea di Jochen Mass a Zolder, l'otto maggio del 1982, appena sceso dalla sua March il cui pneumatico posteriore destro aveva appena funto da catapulta alla Ferrari 126c2, per l'ultimo volo di Gilles Villeneuve

Dici Mass, parlando di storia della Formula Uno, e automaticamente tornano i fotogrammi che il cuore ancora rifiuta. Proprio per questo non è giusto, proprio perciò una storia quasi picaresca del motorsport come quella di questo tedesco, ricco agli esordi più di talento che di mezzi finanziari, non può essere racchiusa in un giorno e un giro solo

Mass la Formula Uno se l'era guadagnata scalando tappe e innestando marce; le gare se l'era guadagnate dopo aver scoperto il divertimento per ogni volta che...scendeva a terra. Letteralmente. Già, perché dai diciassette ai vent'anni era stato più che altro per mare, seguendo i consigli e l'esempio di suo nonno, ufficiale di marina.

Nato a Cologne, in Germania Ovest, come altri suoi colleghi di talento ma privi dei mezzi economici per supportare in toto dall'inizio la passione per le corse, cominciò dall'officina, con il Biscione dell'Alfa Romeo a dettargli il sentiero curvilineo delle prime cronoscalate. Alla fine degli Anni Sessanta lo troviamo già tra gli equipaggi delle classiche di durata come la 24 Ore di Spa-Francorchamps, a contatto con gente del calibro di Regazzoni, Merzario, Stuck

La sua Formula Uno, dal 1973 al 1980, recita: Surtees, McLaren, ATS, Arrows fino al 1980; il ritorno, dopo un anno sabbatico, al volante della March in quel maledetto 1982, avaro di soddisfazioni e tragicamente indimenticabile. 
Lasciò la massima formula - non le gare in assoluto, perché continuò con le vetture sport e nel 1989 vinse la 24 Ore di Le Mans su Sauber C9 - al termine di quell'annata che, oltre alla tragedia di Gilles Villeneuve, che lui vide svanire dallo specchietto retrovisore per poi trovarsi davanti la Ferrari ridotta come una lattina di bibita vuota e accartocciata, contò la morte di Paletti, le gambe maciullate di Pironi e anche una sua tremenda collisione con Mauro Baldi al Gran Premio di Francia. 

Otto volte a podio su 114 gran premi disputati, sesto nel Mondiale 1977, vincitore del Gran Premio di Spagna del 1975 sul circuito del Montjuich, con la gara sospesa quando lui era in testa, dopo il tremendo incidente di Rolf Stommelen, salvo per miracolo, a causa del quale persero la vita cinque spettatori. 

Per tornare a quell'istante maledetto, perché è sempre e soltanto un istante quello che cambia, salva o cancella una vita, così l'ho descritto nel mio libro - Villeneuve, il cuore e l'asfalto -: "Alle 13.52 di sabato 8 maggio 1982, la Ferrari di Villeneuve compare all'ingresso del curvone, trainata dai seicento cavalli che la proiettano nella parte esterna. Una macchia bianca, davanti; sembra quasi ferma, per quanto lentamente procede rispetto alla monoposto del canadese. È la March di Jochen Mass, tedesco dell'est, motore aspirato, numero 17. È quasi un vicino di ombrellone, per lui, durante le vacanze estive in Costa Azzurra. Era, assieme a James Hunt, uno dei piloti ufficiali della McLaren a Silverstone, quando lo sconosciuto venuto dalle motoslitte prese per mano la Formula Uno. Corsi e ricorsi, diceva un filosofo italiano. 
Se Gilles transita a oltre 250 chilometri orari, Mass procederà a 160 circa, non di più. Cosa farà ora Mass per agevolargli il passaggio? La Ferrari se l'è vista negli specchietti troppo all'improvviso, per fare la cosa più giusta. O, forse, semplicemente, alle persone comuni non si può spiegare cosa voglia dire prendere una decisione in un tempo inferiore a quello di un battito di cuore
".

Foto copertina x.com

Foto interna x.com

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