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14/11/2024 07:30:00

Johansson, il ferrarista dimenticato


Storie di Formula 1 di Paolo Marcacci

Nelle storie "quasi" vincenti ci sono ancora più sfumature che in quelle definitivamente approdate alla gloria. Perché in tutto ciò che è mancato c'è un'altra storia ancora, non trattenuta dall'almanacco e proprio per questo meritevole di essere ricollocata sotto la luce della nostra riflessione. Ci sono, poi, quelli dei quali per qualche motivo non si è più parlato, va a sapere perché; quelli che quando qualcuno li nomina per caso fanno riemergere all'istante un bel po' di ricordi, di traguardi sfiorati, di sliding doors del destino, fosse anche un tipo di turbina sostituita a metà stagione.

Quelli come Stefan Johansson, per esempio, che nel tempo in cui ci torna in mente per come in Ferrari si fece apprezzare sin dalle prime gare, starà abbozzando uno dei suoi limpidi sorrisi nordici, per le belle cose delle quali ancora oggi si occupa: dalla linea di orologi di lusso che produce, ai dipinti che realizza come artista, spesso su soggetti automobilistici, anche nel ricordo dei suoi amici e colleghi di un tempo, uno su tutti: Elio De Angelis, che attraverso la musica gli fece capire il fascino che può avere ogni tipo di creatività.

Johansson fece parte di una Formula Uno di frontiera, nella quale il passaggio da meteora a giovane promessa stava, a volte, tutto nel battito di ciglia dello sguardo più o meno attento di un talent scout, o di vecchi marpioni come Ken Tyrrell prima, Enzo Ferrari poi.

In quell'epoca ci volevano talento e assistenza finanziaria da parte degli sponsor, per durare: il figlio del meccanico e della sarta di Växjö, Svezia meridionale, dov'era nato l'8 settembre 1956, seppe esibire entrambi all'occorrenza. Un primo assaggio con la Shadow nel 1980, poi la Spirit nel 1983 e, in seguito all'infortunio di Martin Brundle, la chance offerta dal "Boscaiolo" con la Tyrrell nel 1984: buoni risultati in quattro gare ma annullati dalla squalifica a causa della storiaccia delle palline di piombo che dovevano far rientrare la vettura nei termini regolamentari del peso. Nella stessa stagione, poi, la Toleman, stavolta per sostituire Cecotto. A Monza si mette in evidenza con una gara tutta cuore, in rimonta, dopo una qualifica deludente. Due costanti, a livello di prestazioni, lo avrebbero sempre accompagnato, nel corso della sua parabola agonistica: mai troppo performante in qualifica e nel giro secco, tosto da affrontare in gara.

1985, Johansson approda in Ferrari. Stavolta non c'è di mezzo un infortunio ma il fatto che, dopo una gara, per ragioni mai del tutto chiarite, René Arnoux lascia la Rossa e Marco Piccinini si accaparra lo svedese. Inizia un biennio, in coppia con Alboreto, di alterne soddisfazioni: Mondiale sfiorato il primo anno, 1985, con un'efficace collaborazione di Johansson e con il famigerato cambio di turbine dalle KKK alle Garrett; macchina malriuscita nel 1986, con un telaio che non teneva le velocità di punta. 1987 in McLaren, quindi il declino, se così si può chiamare: Ligier, Onyx, AGS.

103 gran premi, con 79 partenze; 12 volte sul podio; 88 punti ottenuti completamente: la sua Formula Uno è stata una storia importante, ma il pilota Johansson non si è fermato lì: dopo un passaggio oltreoceano nel Campionato Cart, nei Prototipi il meglio di sé, 24 Ore di Le Mans compresa, nel 1997, quando vinse anche la 12 Ore di Sebring.

Un ferrarista dimenticato, Johansson: capita, ma non è giusto.

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Foto copertina x.com

Foto interna it.wikipedia.org