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14/08/2025 16:30:00

Le Formula 1 più brutte di sempre: quando la libertà progettuale generava mostri affascinanti


Articolo di Daniele Muscarella
Negli anni ’60, ’70 e fino ai primi 2000, la Formula 1 era un laboratorio di idee folli: ali in posizioni improbabili, radiatori dalle forme anomale, non sempre funzionava, ma quelle scelte audaci erano affascinanti

Ali giganti, forme improbabili e soluzioni estreme: alcune monoposto di F1 sono rimaste nella storia più per l’estetica controversa che per i risultati. Eppure, in un’epoca di regolamenti meno restrittivi, anche le vetture meno eleganti avevano un fascino tutto loro.

 

L'orribile bellezza

Negli anni ’60, ’70 e fino ai primi 2000, la Formula 1 era un laboratorio di idee folli: ali montate in posizioni improbabili, radiatori messi dove capitava e linee che oggi sembrano uscite da un fumetto. Non sempre funzionava, ma proprio quelle scelte audaci ci hanno regalato alcune delle monoposto più “brutte” – e allo stesso tempo memorabili – della storia del Circus. Ecco alcune delle più iconiche.

 

March 711 (1971)

Progettata da Robin Herd con Geoff Ferris, è passata alla storia per l’ala anteriore a forma di vassoio (“tea-tray”), che sembrava uscita da un laboratorio di fantascienza. Con Ronnie Peterson al volante, riuscì comunque a conquistare diversi podi e chiudere il Mondiale piloti al secondo posto.

 

Eifelland Type 21 (1972)

Basata su un telaio March 721, aveva un singolare muso centrale che ospitava lo specchietto retrovisore a periscopio. Guidata da Rolf Stommelen, attirava sguardi più per l’estetica bizzarra che per le prestazioni, e venne modificata in stagione per migliorarne aerodinamica e raffreddamento.

 

Ligier JS5 (1976)

Soprannominata “teiera volante” per via dell’enorme airbox rotondo che sormontava l’abitacolo, fu una delle monoposto più riconoscibili degli anni ’70. Nonostante l’aspetto goffo, portò Jacques Laffite al suo primo podio in Belgio.

 

Ensign N179 (1979)

Una delle vetture più insolite mai viste, con un enorme radiatore anteriore montato sopra il muso, stile “cassetta da frutta”. L’idea era migliorare il raffreddamento e l’aerodinamica, ma il risultato fu pessimo: lentezza, problemi di affidabilità e zero punti in campionato.

 

Arrows A22 (2001)

Nata in un’epoca di cambi regolamentari e budget ridotti, aveva un muso altissimo e fiancate poco armoniose. Il team, con Jos Verstappen e Enrique Bernoldi, raccolse un solo punto in stagione e fu segnato da problemi tecnici e scarsi risultati.

 

Williams FW26 (2004)

Un’interpretazione estrema del regolamento aerodinamico 2004: il muso “a tricheco” con due piloni che sostenevano l’ala anteriore divise tifosi e appassionati. Il concetto fu presto abbandonato a metà stagione per tornare a una soluzione più convenzionale.

 

Honda RA108 (2008)

La “Earth Car” voleva lanciare un messaggio ambientalista, con una livrea raffigurante il pianeta Terra. L’idea era nobile, il risultato estetico… meno. In pista la RA108 fu un disastro tecnico, chiudendo il campionato con soli 14 punti e un podio (Barrichello, Silverstone).

 

Williams FW34 (2012) 

L’ultima Williams a vincere un GP (Pastor Maldonado, Barcellona 2012) è ricordata soprattutto per il suo muso “a scalino”. Il regolamento 2012 obbligava a mantenere il muso basso per motivi di sicurezza, e molti team adottarono un gradino netto tra il muso e il telaio per ottimizzare il flusso aerodinamico. Esteticamente discutibile, ma quel giorno in Spagna fu storico.

 

Ferrari F2012 (2012)

Nemmeno Maranello è immune alle cadute di stile. La F2012, portata al debutto da Alonso e Massa, aveva un muso a “scalino” ancora più marcato di quello della FW34. Brutta ma efficace: Alonso lottò per il titolo fino all’ultima gara, perdendolo di soli tre punti contro Vettel.

 

Caterham CT05 (2014)

Forse il simbolo delle polemiche estetiche dell’era turbo-ibrida. La CT05 debuttò con un muso sottilissimo e allungato, soprannominato dai tifosi “proboscide”. Era frutto di un regolamento che imponeva musetti bassi per motivi di sicurezza, ma lasciava libertà sul disegno. In pista, però, non brillò mai: lenta, poco affidabile e spesso fuori dal Q1. Fu l’ultima Caterham in Formula 1.

 

 

Oggi le vetture di Formula 1 sono aerodinamicamente “perfette” ma molto simili tra loro. Negli anni passati, invece, la libertà regolamentare permetteva di osare di più, dando vita a progetti che oggi definiremmo arditi o addirittura brutti… ma che, nel bene e nel male, hanno lasciato un segno indelebile nella storia del motorsport. E voi ricordate altre F1 veramente brutte? Scrivetelo nei commenti sotto al post.

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Foto copertina www.redbull.com

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