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20/09/2025 17:00:00

Ecco perché la Ferrari va bene solo al venerdì: i limiti della SF-25 non ancora risolti


Articolo di Daniele Muscarella
La SF-25 vola nelle libere ma crolla al sabato: abbiamo individuato alcune cause associate al vero tallone d’Achille Ferrari. Un’analisi dei limiti tecnici che stanno condizionando l’intera stagione.

Siamo ormai alla gara 17 di 24 dell’ultima stagione di questo ciclo regolamentare, ed anche oggi siamo costretti a commentare le pessime qualifiche delle Ferrari dopo un venerdì più che promettente, uno scenario che si può tranquillamente estendere a tutta la stagione.

A Maranello ancora una volta non sono riusciti a trasformare in vittorie il lavoro svolto in inverno su un progetto che aveva generato grandi aspettative. In tutti i weekend di questa stagione qualcosa ha limitato il potenziale della SF-25, con misteriosi problemi che spesso hanno causato crolli prestazionali al sabato e a volte hanno condizionato scelte e strategie, danneggiando comunque il risultato finale la domenica.

Su questi problemi il team ha cercato di mantenere il massimo riserbo, anche con dichiarazioni contrastanti e poco plausibili. Alla fine il nodo principale è ormai ben noto: l’impossibilità di far girare la Ferrari a quell’altezza da terra che le consentirebbe di rendere al meglio, pena l’usura del plank e la conseguente squalifica. Quanto questo abbia influito su una serie di inspiegabili comportamenti del team non è stato ancora approfondito. Noi abbiamo analizzato i weekend finora disputati trovando forti riscontri e diverse corrispondenze.

Perché la Ferrari non si nasconde al venerdì? Non può.

In tutti i weekend disputati finora abbiamo notato una costante: la Ferrari va sempre molto bene nelle prime due sessioni di prove libere (specialmente la seconda), per poi crollare al sabato. L’analisi delle telemetrie ha spesso mostrato che le monoposto scendono in pista già al venerdì con mappature motore molto spinte. Ciò porta il team in alto nelle classifiche dei tempi, ma contemporaneamente espone prestazioni e dati utili alla concorrenza. Tutto questo non avrebbe senso se non fosse che la Ferrari è in realtà costretta a farlo per ragioni che vedremo essere ovvie e legate ai limiti del progetto.

Guardiamo ad esempio le libere di ieri: da entrambe le telemetrie si vede che la Ferrari ha usato modalità motore più spinte. Una scelta che in una pista come Baku, con i lunghi rettilinei, sarebbe da evitare assolutamente per non stressare la power unit e per non dare punti di riferimento agli avversari. Una decisione che può essere giustificata solo dalla necessità di provare le vetture in condizioni simili a quelle della gara, per stimare l’usura del plank e le temperature dei freni. Fattori che hanno portato a compromessi dolorosi in termini di prestazioni, costringendo ad aumentare l’altezza da terra per evitare squalifiche e a fare ricorso intensivo al lift and coast per limitare il surriscaldamento. Tutto questo comporta che al sabato gli altri team fanno un salto prestazionale importante, mentre le Ferrari compiono passi indietro che influenzano negativamente soprattutto le qualifiche.

 

Perché la Ferrari non fa mai stint lunghi e strategie azzardate in gara? Non può.

Un’altra costante, riscontrata in quasi tutti i GP e in modo ancor più netto a Miami, Imola e in Ungheria, è che il team di Maranello non ha mai potuto azzardare strategie con stint lunghi. Anzi, ha spesso anticipato le soste quando ancora i piloti comunicavano un buon ritmo e volevano rimanere in pista. Basta riascoltare i controversi team radio di Leclerc, in evidente contrasto con le chiamate ai box in praticamente tutte le gare dalla Cina in avanti. Mancanza di coraggio? Probabilmente no. Una stretta necessità.

Ricordiamo quanto successo in Ungheria: Leclerc era in testa fino al giro 40, ma le sue prestazioni sono crollate dopo l’ultima sosta anticipata, in cui il team è stato costretto a montare gomme con pressioni più elevate per alzare leggermente la vettura da terra ed evitare una squalifica. Ma a quanto corrisponde questo aumento di altezza? In base ai nostri dati, per i quali attendiamo un riscontro da Pirelli, la differenza di pressione – dalla minima imposta di 22/20 psi a circa 24/22 psi per anteriori e posteriori – considerando la struttura rigida di cintura e carcassa delle gomme da 18 pollici, dovrebbe provocare un aumento dell’altezza da terra di circa 1 mm. Quindi, ipotizzando pressioni superiori a 24/22 in Ungheria (valori che hanno compromesso le prestazioni), l’obiettivo del muretto era alzare la vettura di poco più di un millimetro. Quanto bastava per evitare la squalifica arrivata in Cina con il plank non in regola per 0,4 mm.

A cosa serve questo dato? A un’altra importante valutazione che riguarda proprio i limiti di libertà strategica dimostrati quest’anno e l’impossibilità di effettuare stint lunghi. La normale usura del battistrada di uno pneumatico di F1, ovvero quella parte di gommma che garantisce le massime prestazioni, è pari a circa 2,5/4 mm. Uno stint lungo può quindi abbassare la vettura fino a 4 mm, situazione evidentemente incompatibile con il margine ridottissimo con cui sono costretti a lavorare i tecnici di Maranello. Ecco perché le strategie Ferrari sono sempre conservative, anche quando tutto porterebbe a scelte differenti. Ed ecco perché ai piloti è stato spesso chiesto di utilizzare lift and coast in determinate fasi di gara, anche su circuiti dove in teoria la temperatura dei freni non avrebbe dovuto essere un problema.

Sappiamo per certo che la maggior parte degli sviluppi introdotti in questa stagione, tra cui la nuova geometria della sospensione posteriore, è stata pensata proprio per risolvere questo problema e fornire al team una finestra di funzionamento più ampia, utile anche in ottica 2026. Questa analisi ci consente di aggiungere un dettaglio: sapremo se a Maranello avranno risolto il problema quando vedremo mappature motore limitate al venerdì e stint lunghi alla domenica.

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Foto interna @F1TelemetryData x.com

Foto copertina www.ferrari.com