È stato forse l'unico brivido, al netto della propria fede sportiva, che il GP di Monaco ha regalato. Stiamo parlando del folle primo giro del GP del Principato in cui, dopo appena una curva, la Haas di Kevin Magnussen e la Red Bull di Sergio Perez hanno innescato una carambola che ha portato la direzione di gara a sventolare bandiera rossa e interrompere il Gran Premio. Una decisione necessaria per rimuovere le vetture coinvolte e ripristinare le condizioni di sicurezza del tracciato dopo il violento impatto della RB20 del messicano contro le barriere sulla salita del Massenet.
Una carambola causata dal tentativo (vano) di Magnussen di passare Perez dopo la Santa Devota, in un punto senza spazio, anche a causa del gruppo compatto. Episodio che, malgrado la violenza dell'impatto, ha portato i piloti ad uscirne indenni, senza riportare problemi. Problemi che, fortunatamente senza conseguenze, sono stati invece riscontrati fuori dalla pista, dall'altra parte delle barriere, dove un gruppo di fotografi era a lavoro per immortalare le vetture durante il primo giro. Fotografi che si sono visti arrivare addosso la monoposto del messicano Perez, che ha poi colpito duramente il rail e originato una pioggia di detriti che li ha investiti. Tra loro c'era anche Alessio Morgese, fotografo italiano che da decenni svolge questo mestiere e da anni è al seguito del mondiale di Formula Uno. E proprio con lui, con cui abbiamo parlato in esclusiva, abbiamo avuto la possibilità di rivivere quegli istanti ad alta tensione.
Cosa ricorda dell'incidente?
"Un bell'incidente! Eravamo lì con dei colleghi, molti italiani, a fotografare l'arrivo delle macchine dopo il via. Mentre arrivava il gruppo mi sono accorto che dietro si stavano allargando molto, ho visto la Red Bull di Perez iniziare a sbandare, vedevo la sua macchina di fianco, non più frontalmente. In quel momento mi sono lanciato via perché sapevo sarebbe arrivato di tutto: mi sono accucciato dietro il guard-rail e ho sentito molti pezzi metallici e di carbonio cadermi addosso. Siamo stati stati coperti di detriti e polvere. Mi sono accucciato, come viene insegnato in caso di incidente, per evitare problemi. La cosa strana è che non ci siamo accorti della Haas di Magnussen dietro".
Nessuna conseguenza?
"Non proprio: nel farlo mi sono inginocchiato sopra qualche detrito e mi sono tagliato il ginocchio. Ma sto bene. Poi mi sono alzato e ho visto che c'era un mio collega (Andrea Diodato, ndr) che era a terra, steso. Siamo andati a vedere cosa fosse successo. Non riusciva ad aprire gli occhi per la polvere di carbonio. Gli abbiamo lavato gli occhi per aiutarlo. Mi sono anche arrabbiato con i commissari di pista perché erano tutti sulle macchine e nessuno veniva a controllare cosa fosse successo a noi. Dopo sono arrivati, anche il soccorso, e hanno portato via il mio collega per medicarlo e portarlo al centro medico, per poi accertarsi delle nostre condizioni".
Fortunatamente però, tranne qualche ammaccatura, non ha riportato problemi neanche lui...
"Si, era solo messo un pochino peggio. Io non ho preso la botta del rail che si è deformato all'indietro dopo l'impatto, mentre lui non ha fatto in tempo e ha preso la botta, ma una cosa da poco. Dopo i controlli in ospedale è uscito ed ha scattato le foto del podio insieme a noi. È andato tutto bene".
Un bello spavento, anche perché dalla TV non era emersa la violenza dell'impatto...
"Esatto. La botta è stata secca, ma in TV sembrava ovattata. Onestamente la mia paura non era dei detriti o della macchina, le barriere a Monaco sono fatte bene, ma che la Red Bull prendesse fuoco. Ho pensato all'incidente di Grosjean: arriva la macchina, si incastra, prende fuoco e ci manda tutti in fiamme. Niente di tutto questo, ci siamo fatti una bella risata".
È il primo episodio del genere che le capita?
"No, assolutamente. Faccio questo mestiere da 30 anni. Ho preso sassi, pezzi di ali, mi è persino volato addosso un prototipo a Le Mans. Ne ho viste di ogni. Ho visto anche il botto di Schumacher nei test a Monza nel 2004. Così vicino è stato il primo, ma di pezzi addosso ne ho presi. Siamo abituati e andiamo avanti. Mi sono alzato, quando ho visto che il mio collega stava bene mi sono girato e ho ripreso a scattare. Sono rimasto lì, era già successo, statisticamente non poteva succedere una seconda volta".
E Perez, quando ha visto la situazione cosa ha fatto?
"Quando è sceso dalla macchina lo ho chiamato, ha visto la situazione, è apparso spaventato ma è andato via, senza fermarsi. Certo, poteva venire un secondo ma non cambia niente, dopo il ritiro aveva anche lui i suoi bei problemi".
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