Scriverne ha ancora senso? Ha senso continuare a interrogarsi circa la possibilità che le cose siano andate come le abbiamo sempre percepite, a maggior ragione perché il destino fece mancare il tempo di un chiarimento?
Imola '82 non fu soltanto un gran premio al termine del quale l'espressione dei volti sul podio uccise le ragioni della festa. Fu il paradigma di tante cose, anche di quelle più distanti da un universo fatto di benzina e asfalto gommato.
Ci tornano alla mente le parole di Jody Scheckter, più d'una volta ribadite a proposito dell'amico Gilles Villeneuve, che il sudafricano Campione del Mondo nel '79 descriveva - Leale al punto da apparire ingenuo -. Allo stesso modo lo descrivevano quelli che ingaggiarono in pista duelli asperrimi con lui: non solo Arnoux, il primo che ci viene in mente, ma tanti suoi colleghi, tutti campionissimi, come Keke Rosberg: - Non c'è alcun dubbio sul fatto che Villeneuve fosse straordinariamente coraggioso. Era il più gran bastardo contro cui si potesse correre ma era assolutamente leale -.
Ecco, forse, il punto: la lealtà di Villeneuve; la purezza dei rapporti e del modo di concepirli, pur nell'ambiente più competitivo in assoluto. Se la testimonianza arriva da parte di quelli che in pista gli sarebbero passati sopra, se avessero potuto, c'è da fidarsi. Ecco, allora, perché non poteva che concepire il rapporto con Didier Pironi allo stesso modo con cui aveva impostato - in quel caso venendo totalmente ricambiato - quello con Scheckter. Il problema stava allora dall'altra parte, ossia che Pironi, in quel gran premio in cui le due Ferrari avevano staccato tutti, di fronte all'occasione di una passerella da vincitore non ebbe esitazione alcuna nell'accantonare il rapporto d'amicizia (o presunta tale da Villeneuve) e fin qui sarebbe anche sportivamente legittimo; i cartelli dai box (dove non era presente Mauro Forghieri e questo fece una qualche differenza); le "consegne" che lui dava per scontate, ma che scontate non erano, evidentemente.
Da un certo momento in poi, ci viene in soccorso il cinema.
Che succede a quel punto? Succede che Noodles si accorge di chi sia realmente Max; ora è la presa di coscienza di un'amicizia tradita, di un patto non rispettato in nome degli interessi personali. È come essere sul set di "C'era una volta in America" e Pironi è James Woods che si lascia accecare dalle proprie mire; Gilles è Robert De Niro, attaccato ai sacri valori della strada, incredulo per l'amicizia svanita assieme alla fiducia. Di rabbia e frizione, scuotendo la monoposto per gli ultimi sorsi di carburante, riesce ad acciuffare il fuggitivo al penultimo giro, di nuovo alla "Tosa", dove con una persistente accelerazione mette a segno un sorpasso duro, cattivo; anzi: incattivito, per quanto accaduto nei giri precedenti.
Sarebbe un degno finale, a questo punto, ma lo smentisce ancora Pironi, all'ultimo passaggio al "Tamburello", dal momento in cui apre la traiettoria, affiancando Gilles. Il francese rifinisce il sorpasso, l'ultimo, a fine curva.
Sul podio, il volto di Gilles ha l'espressione che hanno i bambini quando sentono di aver subito un torto: un broncio totale, assoluto, senza alcun filtro e senza maschere.
Tutto ciò che avrebbero da dirsi, non se lo diranno più.
Fu tradimento? In un modo o nell'altro, o in tutti i modi, sì.
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