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15/01/2023 13:20:00

Patrese: «A Monza '78 volevano proteggere Hunt. Briatore? Scorretto con me». Poi l'aneddoto su Head


News di Giuseppe Canetti

Riccardo Patrese, ex pilota tra le altre di Alfa Romeo, Benetton e Williams, ha rilasciato una lunghissima intervista ai microfoni del Il Corriere della Sera. Ve ne proponiamo un estratto in cui si è soffermato sul suo percorso nel motorsport raccontando aneddoti molto interessanti.

Le parole di Riccardo Patrese

"Perché la F1 mi bollava come antipatico? L’ha fatto fino al 1985, sull’onda dell’incidente del ‘78 a Monza che sarebbe costato la vita a Ronnie Peterson. Pur non avendo colpe, non fu facile per un ragazzo di 24 anni superare la bufera: ero stato sospeso per la gara di Watkins Glen e l’immagine era a rotoli. Mi chiusi a riccio. Perché fu il capro espiatorio dell’incidente? Perché volevano proteggere James Hunt, responsabile della carambola. Erano coalizzati in 5, con Hunt in testa. Gli altri erano Jody Scheckter, che mi confessò di essere stato persuaso a dire certe cose; Emerson Fittipaldi, convinto che fossi “selvaggio”; Mario Andretti perché aveva perso il compagno di squadra alla Lotus; Niki Lauda, che difendeva i piloti del giro Philip Morris e che era amico di Hunt, come avrei imparato anni e anni dopo grazie al film “Rush”. Fui processato in un motorhome: Hunt non disse una parola: aveva la coda di paglia".

Sulla testimonianza di Arturo Merzario

"Una cosa che mi ferì: non c’è mai stato un chiarimento, resto deluso da lui. In quel processo tanti spararono caz..e".

Sulla sua assoluzione

"Rabbia o sollievo? Più sollievo. Era stata chiesta la galera, dopo 12 ore di processo. Quando il giudice disse “l’imputato si alzi”, be’, il mio stress era palpabile".

Su Hunt

"Come finì? Con un “vaffa”. A fine carriera fece il commentatore per la Bbc e non mancava di infangarmi. Un giorno ci incrociammo da Ecclestone: Bernie gli disse che era tempo che mi chiedesse scusa. Ribattè che non doveva farlo, io gli sparai un “fuck off” definitivo".

Su Bernie Ecclestone

"Bernie mi è sempre stato vicino. Rinunciai alla sua Brabham perché avevo una lettera di Enzo Ferrari per finire a Maranello: l’occasione la sfruttò Nelson Piquet che nel 1981 fu campione. Se ci penso...".

Sull'esperienza all’Alfa Romeo

"Due anni terribili. Nel 1985 ero quasi fuori dalla F1, ma Bernie mi riprese alla Brabham. Nel 1987 stava vendendo il team — cosa che nessuno sapeva — e mi suggerì alla Williams".

Su Frank Williams

"Anche qui c’è di mezzo un titolo iridato mancato. Per il 1978 io e Alan Jones eravamo in lizza sia per la Arrows sia per la Williams. Frank era agli esordi, io e Jones prendevamo tempo. Alla fine la Arrows scelse me, così Alan firmò per Williams e nel 1980 vinse il Mondiale: sono le sliding doors della vita".

Su Flavio Briatore

"Nel 1993 ci siamo lasciati male, Briatore non è stato corretto. Lui e Alessandro Benetton mi avevano voluto a tutti i costi. La macchina non era all’altezza, ma Flavio dichiarò: “Se Patrese si fa battere da Michael Schumacher, è meglio che vada in pensione. Di ragazzini così ne trovo dieci”. Fu un clamoroso errore di valutazione pure verso di me: l’anno dopo al mio posto usò Lehto, che si schiantò subito, poi Verstappen senior che faceva i looping, infine Herbert. In tre non ottennero i punti conquistati da me nella stagione precedente".

Sul ritorno in F1 a bordo della Williams

"Proprio a Imola, in quel maledetto week end del 1994, mi misi a disposizione della Williams per i collaudi: l’auto aveva bisogno di sviluppi. L’idea era di fare coppia con Senna l’anno dopo. Ayrton fu l’ultima persona che salutai nel lasciare l’autodromo: “Ci vediamo al prossimo test”. Poi successe quello che sappiamo. Williams mi offri il posto, io accettai. Ma per una settimana non ci dormii sopra: avevo 40 anni, mi pareva di sfidare il destino".

Sul titolo iridato mai ottenuto

"Un secondo posto e due terzi nel Mondiale, il massimo possibile. La McLaren dominava con Senna e Prost: arrivare terzi equivaleva a essere i primi degli altri. Nel 1992 alla Williams, invece, non sarei potuto arrivare altro che secondo: non avevo fatto dei conti che mi furono chiariti a Magny Cours".

L'aneddoto su Head e la considerazione finale

"La nostra auto dava 2’’ a tutti, ma si adattava di più a Mansell: Nigel avrebbe vinto comunque. Però avevo cominciato a capire la monoposto e in Francia ero in testa. Ci fu lo stop per la pioggia, in attesa di ripartire Patrick Head mi disse: “Riccardo, forse non hai capito che abbiamo già deciso, da tempo, che il titolo lo deve vincere Nigel”. Rimasi di sale. “Scusa, Patrick, puoi ripetere?” Silenzio totale. Anche al secondo via andai al comando, ma dopo un giro segnalai in modo plateale di far passare Mansell. Fu l’unico atto polemico. Quanto mi manca il titolo della F1? Parecchio. Ripenso alla chimera Ferrari, a Piquet sulla Brabham che avrebbe potuto essere mia, al mio errore nel 1983 a Imola alle Acque Minerali... Di occasioni ne ho avute, ma non ho rimpianti: le cose sono andate così, però nelle giornate migliori potevo battere chiunque".

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