Nel 2008, a Interlagos, Lewis Hamilton conquistava il primo titolo all’ultima curva dell’ultimo giro dell’ultima gara. A tredici anni di distanza, Lewis Hamilton ha perso l’ottavo iride alla quint’ultima curva dell’ultimo giro dell’ultima gara, tradito da quella che fino ad oggi era stata una delle sue più grandi alleate: la buona sorte.
Ad Abu Dhabi è andata in scena la gara più emozionante che si potesse immaginare: un’escalation che ci ha tenuto col fiato sospeso sino al finale, giusto coronamento di quella che non temiamo di definire la stagione più spettacolare nella storia della F1.
That extraordinary final lap of the 2021 title race in full 😮#AbuDhabiGP 🇦🇪 #F1 pic.twitter.com/kknTMDfpAF
— Formula 1 (@F1) December 12, 2021
Giusto perché, repetita iuvant, se Hamilton (9) ha raggiunto Verstappen alla penultima gara, è stato anche per una dose massiccia di fortuna. Riepiloghiamo allora gli episodi più controversi di questa maratona:
La ruota, però, è girata anche a favore di Verstappen:
Nel complesso, comunque, Verstappen (10) ha meritato il successo. La sua è stata un’impresa titanica: sarebbe riduttivo ricondurla ad episodi fortuiti che, pur avvantaggiando nel complesso la Mercedes, si sono più o meno compensati nell’arco della stagione. L’olandese è stato quasi sempre perfetto e non avrebbe potuto essere altrimenti, perché dall’altra parte si è trovato un Hamilton al massimo del suo splendore. Ha portato la Red Bull a un livello a cui pochi altri sarebbero riusciti a fare, con delle dimostrazioni di talento fuori dal comune.
Tra tutte, ci piace ricordare il GP degli USA, dove ha coniugato velocità, strategia e freddezza in quella che era una roccaforte inespugnabile di Hamilton. Ma non mancano altri esempi, come la partenza in Messico o quella a Gedda.
Dall’altra parte Hamilton ha sfruttato tutte le frecce nella sua faretra: a differenza del passato non ha ceduto alla pressione e anzi, portando sempre al limite la propria W12, ha spinto la determinazione di Verstappen a un livello estremo, costringendolo spesso a quelle manovre al limite che dopo Montecarlo 2018 aveva (giustamente) lasciato sempre più da parte.
La Mercedes, dopo un inizio "stentato” (dove per stentato intendiamo non stradominante come nei precedenti campionati), nel complesso, si è dimostrata la scuderia migliore, tant’è che ha conquistato l’ottavo consecutivo. È mancata, tuttavia, quella spietatezza che negli anni passati le aveva permesso di fare il buono e il cattivo tempo: tra test illegali, gomme ad hoc, cerchi più o meno forati e aiutini di Ocon, chi si dimentica delle nefandezze commesse da Toto Wolff e soci? Nei momenti cruciali sono state fatte delle scelte troppo conservative, non ultima quella di non cambiare le gomme di Hamilton all’uscita della safety car. Anche a Montecarlo e in Ungheria potevano arrivare risultati più rotondi che avrebbero sicuramente scritto un’altra storia.
La Red Bull, dal suo canto, è stata semplicemente perfetta. Non tanto per la monoposto, che, soprattutto nel finale, si è dimostrata inferiore alla rivale nera, quanto per la ferocia con cui ha controbattuto il pressing della Mercedes nei confronti della federazione. Oltre ovviamente che per la brillantezza nelle strategie, del cui buon esito è stato artefice anche Sergio Perez.
In questa lotta ha pesato tantissimo la direzione di gara. Hamilton e Verstappen sono venuti al contatto un numero imprecisato di volte: spesso la pista ha sentenziato togliendo le castagne dal fuoco per Masi e compagnia, ma altrettanto spesso sono stati usati due pesi e due misure, e non necessariamente tutti a favore dello stesso pilota. Prendiamo come esempio le decisioni sul GP del Belgio, il cui risultato è figlio di regole fatte sul momento. O, come detto, quelle di Interlagos, dove Verstappen non è stato punito per una difesa palesemente irregolare. Per non parlare poi delle perle di Gedda, di cui abbiamo ampiamente discusso una settimana fa. Ma anche questo week-end ha fornito materiale incandescente. Perché, ad esempio, non dare una reprimenda a Lewis per quella manovra nelle prove libere? Certo, vederlo scivolare in decima posizione non avrebbe favorito lo spettacolo, ma anche in questa circostanza le regole sono state piegate allo show (e, col senno di poi, diremmo per fortuna). Nulla da eccepire invece sul sorpasso del primo giro: la Red Bull ha impostato la curva come se la pista fosse stata libera, e bene ha fatto Lewis a non restituire la posizione.
La frittata colossale è però relativa all’ultima decisione. Il regolamento parla chiaro e prevede il rientro della vettura di sicurezza solo nel giro seguente allo sdoppiaggio delle vetture, elemento che ci avrebbe regalato un finale in trenino. La rabbia della Mercedes, a cui non si può certo riconoscere il fatto di saper perdere, è del tutto giustificata: resta da vedere se il risultato sarà ribaltato a tavolino (molto improbabile) o se la stella a tre punte perirà nello stesso modo con cui, nelle stagioni passate, ha ferito.
Una domanda, però, non ce la leva nessuno: perché non esporre la bandiera rossa come fatto a Baku, in una circostanza perfettamente identica? Forse perché Hamilton avrebbe potuto cambiare gli pneumatici resistendo molto meglio all’attacco di Verstappen?
In questo turbinio di emozioni troviamo spazio per le pagelle di fine anno.
A Bottas (6), è mancato quel sussulto d’orgoglio che speravamo potesse ritrovare dopo l’appiedamento. Gli va riconosciuto il merito di aver sfruttato la superiorità della Mercedes per portare a casa il terzo posto in classifica piloti, battendo il “rivale” Perez (7) che però si è rivelato molto più prezioso nel ruolo di gregario, pur non avendo avuto grossi acuti.
Molto male la Ferrari (4): il terzo posto non può essere una consolazione, soprattutto quando non approfitti delle occasioni che altri team sono stati in grado di cogliere. A Montecarlo, per esempio, dove la cialtroneria di Binotto e soci ha vanificato una pole disumana, ma anche in Ungheria, dove la vittoria era ampiamente alla portata. Con questa mentalità non si va da nessuna parte e quel che maggiormente preoccupa sono i proclami per il 2022: la stagione è già alle porte e, per salvare la scrivania, i dirigenti dovranno ottenere almeno cinque o sei vittorie (il minimo per “lottare per il titolo”). Mission Impossible per questi tecnici, non certo per i piloti: Leclerc (9), comprensibilmente scarico nelle ultime apparizioni, ha ottenuto due pole position incredibili, mentre Sainz (9), abituato com’è a sporcarsi le mani nel fango, è venuto fuori sulla distanza, conquistando un inaspettato quinto posto finale.
Congratulazioni to @Max33Verstappen on your maiden Drivers’ Championship victory in what has been an amazing season 🏆
— Scuderia Ferrari (@ScuderiaFerrari) December 12, 2021
Congratulazioni to @MercedesAMGF1 for winning the Constructors’ Championship 👊 and to @redbullracing for making their life difficult and the racing exciting. pic.twitter.com/YxLX7aarm4
La McLaren (8), pur essendo finita dietro alle Rosse, è paradossalmente andata meglio: qualche colpo di sfortuna e qualche inghippo di troppo passano tranquillamente in secondo piano con la magnifica doppietta di Monza. Norris (8) è stato una delle rivelazioni dell’anno, mentre Ricciardo (7) ha faticato, ma alla fine il successo porta la sua firma.
Discreta la prima stagione della Alpine (7), salvata dalla vittoria in Ungheria e dal podio di Gedda. È forse mancata un po’ la figura di Brivio, ma sicuramente non quella di Alonso (9), a tratti strabordante. Ocon (7), con la consueta dose di fortuna, ha portato a casa un prezioso successo, proprio grazie alle gesta del compagno di squadra, ma nel complesso è stato battuto da uno che, oltre ad avere molte più primavere sulle spalle, era fermo da tre anni.
Male l’Alpha Tauri (5): la livrea più bella non basta per salvarla da una stagione segnata da troppi chiaroscuri. Gasly (8) si è preso tutte le responsabilità del caso, ma è mancato il contributo di Tsuonda (5) che quest’anno ha preferito le parole ai fatti se non in rare occasioni. Il 2022 sarà l’ultima chiamata per il giapponese, che non potrà più contare sul supporto della Honda.
Catastrofica l’Aston Martin (3): ci saremmo aspettati una squadra in grado di lottare per il terzo posto, e invece sia Vettel (5) che Stroll (5) hanno navigato nell’anonimato.
Molto bene la Williams nell’anno dell’addio di Frank: certo, senza quel “podio” di Spa forse avrebbe chiuso in nona posizione, ma i miglioramenti rispetto all’anno scorso sono stati evidenti. Merito di Russell (8) che ha mollato solo nel finale di stagione, ma è stato bravo anche Latifi (6), mai sotto i riflettori (a parte stasera) ma molto concreto nel portare a casa dei punti quando ne ha avuto la possibilità.
Il finale di stagione dell’Alfa Romeo (2) è stato una delusione. Kimi Raikkonen (voto 10 alla carriera), sempre e non sempre giustificatamente preferito al compagno di squadra, ha raccolto diversi punti, ma ha commesso anche qualche errore di troppo. Giovinazzi (8) è stato sabotato per buona parte del campionato e in ultima è stato scaricato. Il dispiacere più grande è per lui, che ha vissuto la parentesi in F1 in uno dei periodi più brutti del motore Ferrari.
Sulla Haas (1) c’è poco da dire: hanno lavorato in ottica 2022 per diventare il vero team satellite della Ferrari. Schumacher (4) e Mazepin (3), sempre a guardarsi in cagnesco, non hanno mai realmente potuto competere per qualcosa di meglio che l’ultima fila, ma troppe volte hanno distrutto le loro macchine. Anche per i due biondini l’anno prossimo potrebbe essere l’ultimo.