Spesso ci si lamenta del fatto che in Formula 1 ci sia poca azione e pochi sorpassi. Eppure ogni tanto, capitano degli eventi in cui, magicamente, non sappiamo dove volgere lo sguardo con la classifica che muta rapidamente quasi ad ogni giro. Scenari avuti sia nel GP del Messico che, soprattutto, in quello del Brasile.
Perché a volte capita e a volte no? L’idea che ci siamo fatti è che sono i limiti a bloccare la Formula1. Sono i regolamenti troppo vincolanti a rendere la categoria priva di spettacolo. Perché diciamo questo? Collegandoci a quanto affermato da Alonso nei giorni scorsi (leggi qui) crediamo che molto dello spettacolo dipenda dagli pneumatici e dalla scelta della tipologia di mescole che il costruttore decide di portare in pista.
Al pari di Alonso crediamo che non occorrano grandi artifici regolamentari sul lato dell’aerodinamica o alla gestione della potenza della power unit (se guardiamo al 2026), basterebbe che il costruttore di pneumatici avesse carta bianca in termini di mescole da deliberare per ogni GP e che non vi siano limiti in merito a quello che le squadre possono o non possono fare.
Se dessimo ascolto a quanto riferito spesso dalla Pirelli, anche se il gommista portasse delle mescole più morbide, gli ingegneri e i piloti troverebbero il modo di effettuare una sola sosta, per risparmiare tempo ai box, dal momento che la singola sosta è al momento obbligatoriamente prevista da regolamento. Situazione che però non si è verificata negli ultimi due appuntamenti.
Quello su cui noi vogliamo far riflettere è che poi, nel caso in cui la Pirelli riesce a fare la corretta scelta di mescola, vedasi appunto quanto accaduto in Messico e Brasile, i piloti hanno scelto di effettuare comunque due soste. Decisione rivelatasi più competitiva del singolo pit stop. Ad Interlagos, Verstappen è giunto terzo facendo addirittura tre soste e in media, sono stati davvero pochi i giri in cui la classifica è rimasta invariata.
Per garantire lo spettacolo dunque, a nulla serve obbligare i team a fare una o due soste. Anzi, il vincolo serve solo, a nostro avviso, a far appiattire le strategie e a togliere un ulteriore elemento di sorpresa/spettacolarizzazione.
Cosa non semplice. Se prendiamo come riferimento Austin e Messico, il produttore ha effettuato in entrambi i casi un salto di mescola che però solamente sul circuito intitolato agli Hermanos Rodriguez ha dato i risultati sperati. In Texas la gara è stata invece abbastanza piatta e priva di colpi di scena.
A nostro avviso dunque, come sottolineato da Alonso (leggi qui), bisognerebbe lavorare maggiormente sulle gomme aiutando la Pirelli a comprendere, di volta in volta, quali sono le giuste mescole da portare in pista. Non occorre inventarsi nessun artificio aggiuntivo.
Foto copertina: Pirelli; foto interne: Red Bull
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