Noi non siamo come Nelson Piquet: non soltanto perché non avremo mai le sue paradisiache capacità di guida. Non siamo come Nelson Piquet perché riusciamo a scindere l’immenso campione che è stato, uno tra i più grandi di sempre, dall’uomo che sembra provare un gusto perverso nel manifestare il suo lato più sgradevole, scorretto, a tratti discriminatorio e razzista come documenta tutta la casistica delle sue dichiarazioni del passato, dalle polemiche verso Senna alla querelle a distanza con Lewis Hamilton.
È come se, paradossalmente, una comunità mondiale di appassionati di Formula 1 che non ha mai dimenticato le emozioni che lui ha fatto provare durante stagioni davvero memorabili avesse più rispetto per il ricordo di Piquet come pilota di quanto ne abbia lui ogni volta che decide di esprimere una sua opinione su un qualsivoglia argomento nella maniera più scorretta possibile. Non “politicamente scorretta”, scorretta e basta, che è ben diverso. Stavolta è andata ancora peggio del solito, per quanto riguarda le dichiarazioni su Lula, l’augurio di morte e gli appellativi usati nei confronti del neo eletto Presidente del Brasile. Perché è perfettamente legittimo che Piquet sia sostenitore di Bolsonaro e delle sue idee (che chi scrive non condivide in nulla e per nulla) e che sia buon amico del grande sconfitto delle elezioni brasiliane. Il fatto grave è che, ancora una volta, sceglie il modo più volgare e discutibile in assoluto. Un po’ come, quella volta in cui gli chiesero, qualche anno fa, quali differenze ci fossero tra lui e Senna, lui cominciò dicendo - Tanto per cominciare io sono ancora vivo. -
Allora capite bene che gente come noi, che da una vita palpita e si emoziona per merito di campioni come Piquet ha saputo essere in modo leggendario, non può non addolorarsi quando vede uno dei suoi idoli - ancora una volta messo in mezzo ad arte da qualcuno che sa bene che il tre volte Campione del Mondo quando apre bocca lo fa senza filtri e per il puro gusto di mostrarsi scorretto al massimo grado possibile - che si impegna a calpestare il ricordo indelebile di ciò che seppe fare quando si calava nell’abitacolo di una monoposto.
Peraltro, abbiamo il sospetto che, ora che ha passato i settanta, Piquet sia un bel bocconcino per tutti quelli che intervistandolo o riprendendolo sanno di avere molte probabilità di ottenere risposte “memorabili” quanto a scorrettezze o turpiloquio. Perché Piquet dà l’impressione di parlare sempre più senza freni, lui che i freni all’epoca li sapeva adoperare a meraviglia, per ogni staccata.
Foto it.motorsport.com
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