08/10/2006 Tempo di lettura: 5 minuti

Le corse, come gli eventi della vita, a volte sono imprevedibili. Suzuka doveva essere un mezzo pugno da ko per la Renault, e invece è stata una gara che questo team ricorderà molto a lungo. Fernando Alonso vola e fa quasi suo il mondiale, avendo ben dieci punti di vantaggio sul rivale ad una sola gara dalla fine. Di cose incredibili se ne potrebbero dire davvero tante: a Monza era accaduta, a ruoli invertiti, la medesima cosa che abbiamo visto oggi (un mese fa fu Alonso e ritirarsi e Schumacher a ottenere un dieci a zero sullo spagnolo); in Cina la Ferrari stessa si dava quasi per spacciata, mentre poi ha dominato contro ogni previsione; oggi, a Suzuka, poteva esserci la vittoria quasi definitiva delle rosse sulle macchine giallo-blu, e invece il team Renault farà festa per questa incredibile sorpresa, avuta grazie ad uno scherzo del destino.
Può sembrare stupido, quasi infantile, tirare fuori questa parola (destino) in tali circostanze, ma voi quale vocabolo assocereste ad un evento (la rottura di un propulsore in gara sulla vettura di Schumacher) che non accadeva da oltre sei anni? È stata una combinazione fatale per una Ferrari che, obiettivamente, non meritava di arrivare in questo modo ad un passo dalla sconfitta. Ma ciò che colpisce ancora di più è che tutti, noi compresi, avevano accennato della possibilità matematica che Michael Schumacher vincesse qui il tanto atteso ottavo titolo, il quale si è poi trasformato in un vero e proprio incubo, l'incubo di un motore fumante che arresta una vettura lanciata verso la vittoria ed un grande pilota lanciato verso un sogno quasi proibito.
E adesso? Si andrà, tra due settimane, a Interlagos, per l'ultima gara non solo del campionato, ma anche di Schumacher. Il titolo non appartiene ancora ad Alonso, ma per portarglielo via Michael dovrebbe vincere sperando in un ritiro (o comunque in un arrivo fuori dalla zona punti) dello spagnolo. Una situazione non impossibile ma molto, molto poco probabile. La gara brasiliana per la Renault non sarà una gara d'attacco, ma semplicemente un gran premio intelligente, in cui confermare soltanto la propria leadership, subito ritrovata nel mondiale piloti e consolidata in quello costruttori (in cui la Ferrari, adesso, è sotto di ben nove punti). Come avevamo già detto in passato, vincere significa anche saper cogliere al volo le occasioni che gli avversari non possono afferrare.
È comunque interessante sottolineare che (anche questo contro le previsioni), seppur accreditata di maggior competitività, la Bridgestone non ha fatto la differenza. In fin dei conti sia le coperture giapponesi che le Michelin sono state pari, con una lievissima superiorità, forse, per le francesi: lo si vedeva già ad inizio gara, quando Schumacher (e, dietro di lui, Massa) non riusciva a spingere come al suo solito. Gli intermedi del tedesco non erano da record (e questo si può spiegare con il fatto che la Ferrari aveva un po' più di benzina nel serbatoio), ma non sono neanche stati tanto bassi, a differenza di quelli di Alonso, non velocissimo ma certamente in grado di tenere (come minimo) testa a Michael.
Sarebbe stato meraviglioso, quasi un coronamento, vedere fino alla fine una di quelle cose che poche volte si vedono in questa Formula 1 "computerizzata" e poco umana: il duello, la resa dei conti in pista, a distanza ravvicinata, tra i due rivali in lotta per questo incredibile titolo. Oggi, però, Schumacher ci ha riportato proprio a quella dimensione umana di cui parlavamo poche parole fa: il suo abbraccio ai meccanici e agli uomini del muretto, la sua dolce serenità di fronte alle telecamere ed ai giornalisti, quell'italiano ancora poco scorrevole ma perfettamente comprensibile, il suo paragone tra lo sport e la vita, sono tutti figli del sentimento.
Già, la vita. Anche Giancarlo Fisichella ha pensato a lei, oggi, mentre correva e, dopo, nel momento in cui sul podio non ha trattenuto le lacrime per un lutto che gli ha soffocato il cuore. Sia Michael che Giancarlo, in modi così diversi e per motivi che non vanno neanche paragonati, hanno messo l'anima davanti a tutto il resto.