
Irraggiungibile. Tra i tanti aggettivi che spesso cerchiamo per definire i piloti che ci sanno veramente sorprendere, questo sembra il più semplice ed il più adeguato. Come una settimana fa in Canada, ancora una volta l’uomo delle stelle è stato lui, Lewis Hamilton, che ha battuto con tremenda puntualità sia il suo stesso compagno di squadra che le Ferrari. Ferrari che non hanno impensierito granchè la McLaren, che adesso domina senza problemi di nessun tipo su ogni circuito. A posteriori, la gara di Montecarlo era solo il preludio, logico e perfetto, delle gare successive. Dai tornanti e dalle strette vie monegasche all’impegnativo circuito di Montreal, dalle frenate al limite dell’autodromo Gilles Villeneuve alla bizzarra – per la Formula Uno – natura del tracciato di Indianapolis, è stata un’escalation perfetta e senza crepe.
Adesso la leadership di Lewis Hamilton è più forte di prima, con 58 punti, dieci in più di Fernando Alonso, che esce battuto per l’ennesima volta dal confronto con il suo giovanissimo e temibile compagno. Lo spagnolo, oggi, ha vissuto meglio quella che si era trasformata in una vera e propria crisi con se stesso e forse con il team. Rassicurazioni apparentemente molto chiare della Mercedes a parte, durante la fase centrale del gran premio Fernando era sembrato in grado di avvicinarsi a Lewis e dargli battaglia, ma l’inglesino ha resistito senza farsi minimamente mettere in soggezione dagli attacchi del campione del mondo, con una difesa di posizione da brivido in fondo al rettifilo. Entrato nella fase finale dell’appuntamento statunitense, Alonso si è trovato costretto a “mollare”, a non forzare più la storia di una gara già decisa dall’infinita bravura di Hamilton.
In Ferrari, nonostante la sonora sconfitta incassata per la terza volta consecutiva, si è corsa una gara senza infamia e senza lode. Subito dopo la partenza, sbagliata per Raikkonen, sembrava Felipe Massa l’unico in grado di provare a stare più vicino possibile alle McLaren. In fin dei conti così è stato, visto che il brasiliano ha viaggiato per quasi tutto il gran premio in terza posizione. La strana scelta di Kimi di partire con gomme a mescola più dura (mentre quasi tutti gli altri, duo di testa in primis, partiva con gomme più morbide) non ha reso facile la vita del finnico nel primo terzo di gara, dove in fase di start aveva perso ben due posizioni. Dai due terzi di gara in poi, Raikkonen ha trovato la chiave di una competitività che sembrava completamente svanita: ha registrato intermedi buoni, fatto segnare il tempo sul giro più rapido, recuperato posizioni e terreno su Massa e messo pressione al brasiliano. Ordini di scuderia (soprattutto dopo i botti scatenati dal caso McLaren a Monaco) non ne sono arrivati, per fortuna. E gli attacchi abbozzati nei confronti di un Massa più lento di lui non hanno visto conclusione. Merito di questa differenza tra i due ferraristi deve probabilmente attribuirsi all’uso di gomme morbide dalla prima sosta in poi da parte di Raikkonen (mentre Felipe, come Alonso ed Hamilton, dopo la seconda ed ultima fermata ha dovuto per forza usare le dure).
Le briciole lasciate dai primi quattro hanno fatto ovviamente la felicità dei piloti che si sono classificati dal quinto posto in giù (sempre in zona punti). Una delusione enorme deve averla provata il povero Nico Rosberg, partito quattordicesimo, con una tattica a sosta singola e sesto a pochi giri dal traguardo: proprio in quel momento il motore Toyota della sua Williams ha ceduto tra le fiamme. Una rabbia giustificatissima e inquadrata in mondovisione. I quattro punti del quinto posto sono stati conquistati da un Kovalainen rinato, più sereno e competitivo, che può tranquillamente ritrovare la fiducia da parte del suo team. Sesta piazza (anche grazie alla sfortuna di Rosberg) per Jarno Trulli, ancora una volta eroico nel portare a punti la sua Toyota. Settima piazza e primi due punti in classifica per Mark Webber, seguito da un bravo Sebastian Vettel, che all’esordio in gara ha portato a casa un punto ed un risultato niente male. Per chi ama i numeri, il giovanissimo tedesco (diciannove anni) partiva dalla settima piazza, proprio come un certo Michael Schumacher quando esordì a Spa nel 1991 con la Jordan…