Kimi Raikkonen fa sua la seconda pole del 2007, che corrisponde alla tredicesima in carriera. La fa sua dopo aver dominato la seconda ora di libere di ieri, del venerdì, in cui le Ferrari hanno dimostrato ancora una volta di essere più competitive rispetto alle rivali. Parlare di tempi e di pole diventa difficile se si considera che anche oggi si poteva sfiorare il dramma: Lewis Hamilton è stato protagonista sfortunato e a quanto pare del tutto illeso di un’uscita di pista da brivido, proprio in quella veloce chicane che da pochissimo porta un nome “pesante” nella storia di questo sport: Schumacher. Domani, secondo i programmi, sarà ufficialmente inaugurata dal celebre driver che le ha prestato il nome. E l’uscita di Hamilton è stata simile sotto numerosissimi aspetti proprio all’uscita col botto che lo stesso Michael fece ben otto anni fa, in quel luglio del 1999, a Silverstone. All’epoca si trattava di un tedesco in terra inglese, oggi si è trattato di un inglese in terra tedesca. Coincidenze che scatenano le fantasie più assurde e incredibili.
Cosa è successo in quella chicane alla McLaren di Lewis? Ancora con certezza non si sa granchè, ma potrebbe essersi trattato di un problema nel fissaggio della ruota, che potrebbe non aver girato in modo lineare intorno al suo asse provocando dei danni e lo scoppio della gomma anteriore destra. Oppure qualcuno ha ipotizzato una frattura a livello del cerchio. Di fatto, mentre il giovane talento inglese stava impostando la prima curva (verso sinistra) della velocissima chicane, la gomma interessata è esplosa e la vettura è finita senza possibilità di controllo sulle barriere, saltando sulla sabbia della via di fuga e impattando piuttosto violentemente sulle protezioni. L’accelerazione negativa (ovvero quella che comunemente viene definita decelerazione) è stata forte, fortissima, nonostante l’angolo di impatto sia stato in fin dei conti non drammatico (ricordate quell’angolo di impatto di novanta gradi esatti con cui fece i conti Michael otto anni fa?). Subito dopo, le scene già viste nel ‘99, un deja vù incredibilmente reale: il pilota che resta inizialmente nell’abitacolo, poi la lenta e faticosa uscita dal cockpit, l’arrivo di commissari di percorso e personale medico, il lento adagiarsi del driver sulla ghiaia e l’arrivo dell’ambulanza per il trasporto al centro medico del circuito, lì dove si prende più velocemente possibile la decisione di trasportare in elicottero al più vicino ospedale il ferito. Infine, prima dell’ingresso in ambulanza, quell’immagine di Lewis immobilizzato nella barella (per evitare di arrecare danni alla colonna vertebrale), che alza il braccio e mostra il pollice, come per dire “state tranquilli, sono a posto”. Sì, tutto questo ci ricorda fotogramma per fotogramma gli eventi di quella stagione in cui la Ferrari si ritrovò di colpo a puntare su Eddie Irvine per la corona iridata, ma questa è un’altra storia…
La realtà, con moltissime probabilità, è che Lewis sta bene, non ha subito fratture, bensì un possibile trauma cranico e una serie di riflessioni sulle cose che ti possono succedere quando sali su una macchina da corsa tra le più veloci al mondo. Si è soliti dire che il cavaliere caduto da cavallo deve montare in sella il prima possibile, altrimenti non avrà mai più il coraggio di farlo. In questa circostanza sono probabilmente parole eccessive, ma l’augurio che Lewis possa essere nelle condizioni idonee per “montare” già domani sulla sua McLaren è un pensiero assolutamente nella norma.
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