La temperatura sale, il nervosismo pure. E nell’imminenza del via, mentre i tecnici temono per l’usura delle gomme, Flavio Briatore si concede il lusso di dispensare pillole di saggezza ai giornalisti: “
Quando ne sbagli due, tre di fila così e non segni, poi va a finire che ti segna l’avversario”. Non parla della finale di rugby fra Sudafrica e Inghilterra. Il riferimento è a Lewis Hamilton, che dopo l’erroraccio commesso a Shanghai all’ingresso dei box inseguiva la concentrazione per il week-end più difficile della sua carriera.
Troppi eventi invece si sono concentrati a distrarlo. Aveva cominciato programmando una visita alla tomba di Senna, poi ci ha ripensato quando i brasiliani hanno sospettato un’arguta manovra mediatica. Venerdì sotto la pioggia ha sfruttato due treni di gomme extreme-wet, mentre il regolamento precisa che in caso di sessione bagnata ogni pilota può impiegarne soltanto uno. Svista della McLaren, d’accordo, Hamilton non aveva mica colpa. Ma non aveva colpa nemmeno Ralf Schumacher quando a Monaco nel 2005 si beccò mezzo secondo di penalità sul tempo di qualifica perché la Michelin aveva dimenticato di marchiargli un pneumatico nelle libere. E siccome Lewis se l’è cavata con una multa di 15000 euro senza alcuna sanzione, il dubbio che la Federazione stesse chiudendo un occhio in suo favore si è insinuato eccome. Hamilton ha restituito le gomme non ammesse e se n’è andato a dormire sereno, però sabato pomeriggio in conferenza stampa, Anne Giuntini dell’Equipe ha trovato il coraggio di cantargliene quattro, soprattutto in merito all’ipotesi di ostruzionismo ai danni di Raikkonen nel finale delle prove ufficiali. Un siparietto che ha fatto infuriare Ron Dennis. Qualcuno è pronto a giurare di aver sentito il patron della McLaren sputare minacce all’indirizzo di Anne, qualcosa del tipo: “
Avrai problemi in futuro, mia cara”.
Alla fine Lewis si è fatto saltare i nervi. Quando ha visto Alonso balzargli davanti alla prima curva, si è lasciato sottomettere dalla tensione: ha ritardato la frenata, è finito larghissimo nella via di fuga ed è scivolato in ottava posizione. È iniziata così la sua disfatta, perché nella rincorsa al vertice ha strapazzato il cambio, fino a vedersi costretto a riavviare il sistema elettronico di innesto delle marce, perdendo altri secondi e sprofondando a quasi un minuto dalla vetta. Il passaggio alla tattica delle tre soste era dettato più dalla disperazione che da una precisa motivazione tecnica e il settimo posto al traguardo è insignificante ai fini della classifica: “
Fidatevi, non c’è nessun rammarico – sorride papà Anthony alla televisione inglese –
perché se qualcuno all’inizio dell’anno mi avesse detto che sarebbe andata così, con questa posizione nel Mondiale, avrei risposto che stavano sognando”. Altro che sogni: adesso Hamilton rischia che il flop della Cina, prima ancora che quello del Brasile, diventi un incubo con cui convivere almeno fino all’inizio della prossima stagione.
Articolo tratto da Grandchelem
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