La leggenda della Formula Uno è un qualcosa che non si scrive nel corso di tutti i gran premi: ce ne sono alcuni che portano in sé una sorta di messaggio cifrato, un codice da noi intepretato come evento accaduto in pista, che può essere decrittato solo col cuore e dopo aver lasciato al tempo l’opportunità di trasformare e far maturare tutto questo nell’angolo più remoto e primordiale che ci portiamo dentro. Difficile usare le parole per pennellare i fotogrammi degli ultimi giri di questo ultimo gran premio 2008. Difficile restare impassibili di fronte alle lacrime di chi ha vinto qualcosa di grandissimo e di chi ha visto svanire il proprio sogno divenuto praticamente realtà.
I sogni sono spesso fratelli delle imprese impossibili, dei limiti invalicabili, del proibito che poi diventa consentito, della violenza emotiva di una conquista troppo grande e bella per essere vera. I sogni, proprio loro, sono fatti di un plasma introvabile in giro per il mondo, ma che può essere sentito e vissuto come fosse reale. E oggi due sogni, entrambi potenti e spaventosi, hanno sfiorato la linea immaginaria del concreto: il primo si è fuso con la storia, il secondo si è trasformato in una sfera di elegante e delicato cristallo deviata dal vento verso un muro di rocce.
Lewis Hamilton, 23 anni, 9 mesi e 26 giorni, è il trentesimo campione del mondo nella storia della Formula Uno. Il più giovane di sempre. E’ entrato nella storia per la seconda volta, ha rischiato di perdere nuovamente tutto fino a pochi istanti dalla fine di quello che poteva essere il peggior incubo della sua vita. Dopo nove anni il titolo Piloti torna in casa McLaren, ma senza il titolo Costruttori, che è stato vinto per la seconda volta consecutiva dalla Ferrari, che si conferma il team iridato. L’ultimo a portare in trionfo una freccia d’argento infatti fu proprio Mika Hakkinen, nell’ormai lontano 1999, e, combinazioni strane, in quell’anno la Ferrari strappò alla McLaren giusto il titolo riservato alle squadre.
Ha pianto Lewis Hamilton, proprio come ha pianto lo sfortunatissimo Felipe Massa, che senza alcun dubbio meritava di vincere questo incredibile mondiale. Negli ultimi, interminabili giri il brasiliano era ormai diventato l’autentico erede di Ayrton Senna, l’unico in grado di prendere il testimone dell’indimenticabile Magic e ripetere l’impresa straordinaria già compiuta da Kimi Raikkonen lo scorso anno, con una riscossa da brivido. Ma questa volta c’è un’amarezza infinita, quasi paradossalmente dolce, per quell’obiettivo praticamente raggiunto, per l’odore del successo che ancora Felipe starà sentendo sulla sua pelle. Anche quest’anno il mondiale si è deciso con lo scarto di un punto.
Timo Glock è stato l’inconsapevole e incolpevole ago della bilancia di questo campionato: quando la pioggia è riapparsa a pochi giri dalla fine il tedesco, insieme al compagno di squadra, ha deciso di non entrare ai box per montare gomme intermedie (operazione effettuata dai più, compresi i leader), ritrovandosi tra le mani una monoposto che con l’improvvisa acqua degli ultimi chilometri faticava a tenere la pista. In quegli stessi istanti Sebastian Vettel diventava il peggior nemico di Lewis Hamilton, quinto, ed il miglior alleato di Felipe Massa e della Ferrari. Con un sorpasso semplice e bellissimo il vincitore di Monza aveva “scaraventato” Lewis nell’inferno della sesta piazza, ovvero della sconfitta iridata. All’ultima curva, camuffato tra i doppiati, Glock arrancava verso un traguardo che via via si faceva sempre più lontano e difficile, seppur a centinaia di metri. Vettel ed Hamilton hanno superato quasi senza cognizione la Toyota. Il recupero di una posizione, del tutto inatteso, a una manciata di secondi dalla fine, ha consentito ad Hamilton di battere per un solo punto il vincitore della gara, nonché rivale per il titolo. Chi ha detto che il mondiale si sarebbe combattuto fino all’ultima curva è stato preso alla lettera dal destino.
Beffa tragicamente vera per Felipe, che dal parco chiuso alla fine della cerimonia di premiazione ha battuto senza tregua il pugno sul petto, in corrispondenza del cuore, lanciando un messaggio forte e commovente a tutti quelli che hanno creduto (e che continueranno a farlo) in lui e in questa favola dalle ali spezzate. E’ stato campione del mondo per pochi giri, fino agli ultimi istanti, nella sua San Paolo. E anche questa è storia. Adesso verrà il momento più difficile per lui, il momento della verità. L’anno scorso proprio Hamilton uscì massacrato da questo gran premio, per poi affrontare il 2008 con uno spirito forte e vittorioso. Adesso Felipe potrà riposare e meditare sulla propria forza, sui progressi enormi compiuti finora, sulle sue capacità da leader, sulla sua indiscutibile e promettente qualità di pilota, uno dei più bravi in circolazione. Il bivio è qui, tra eterna promessa e campione del futuro. I ragazzi intelligenti e tenaci non mollano mai e non perdono di vista nemmeno un istante il loro obiettivo, neanche se per raggiungerlo bisognerà ripartire da zero e dimenticare un bruciante passato. Perché sta proprio in questo la vera forza. Perché sanno sempre qual è la scelta giusta e si mettono da soli nella condizione di poterla attuare. Proprio come oggi ha fatto il neo-iridato Lewis Hamilton. Grazie per averci regalato un finale di stagione inedito, per averci emozionato nella più autentica delle maniere e per averci fatto assistere ad uno dei pochi, privilegiati tasselli della Leggenda.
Tutte le news, le foto, il meteo, gli orari delle sessioni ed i tempi del Gran Premio del Brasile 2008