ESLUSIVA - Ann Bradshaw ricorda l'ultimo weekend di Senna: verità e bugie di Imola '94
01/05/2024 08:00:00 Tempo di lettura: 7 minuti

Primo Maggio 1994: una data che è impressa a fuoco nella mente degli appassionati di motori. Una data in cui difficilmente, chi ha vissuto con coinvolgimento quegli istanti, ha dimenticato dove si trovava e cosa stava facendo alle 14:17 di 30 anni fa, nel momento in cui Ayrton Senna, a bordo della sua Williams, impattava contro il muro all’esterno della curva Tamburello del circuito Enzo e Dino Ferrari di Imola terminando per sempre la sua corsa, la sua vita terrena. 30 anni pieni di inchieste, dubbi che, malgrado tutto, mai hanno trasportato nell'oblio il brasiliano che, al contrario, si è trasformato in mito, in leggenda.

Una giornata di cui, a 30 anni dalla scomparsa del Campionissimo brasiliano, chi scrive ha avuto l'onore di parlare in esclusiva per "Formula1.it" con Ann Bradshaw, PR della Williams che quel primo giorno di Maggio si trovava ad Imola, al lavoro e dunque direttamente coinvolta nella vicenda, oltre che legata umanamente e professionalmente al protagonista, suo malgrado, degli eventi.

Salve Ann, per prima cosa le chiedo quale era il suo ruolo in Williams nel 1994 e quale era il suo rapporto con Ayrton Senna.

"Ero l’addetta stampa della squadra. Avevo già lavorato con Ayrton nel 1986, quando era alla Lotus. Lo conoscevo bene e gli piaceva il mio modo di lavorare. Avevo iniziato con un'agenzia chiamata CSS, che si occupava sia di Canon che di John Player Special, nel 1986. Ho lavorato un anno con JPS, poi dal 1987 sono passata in Williams".

Nel 1994 arrivò anche Senna, in coppia con Hill: ci racconta come un PR gestisce i piloti, i loro rapporti e, nel caso specifico, quello tra Hill e Ayrton?

"Gestire un rapporto tra piloti, se tra loro non si piacciono, non è mai facile. Ma devi essere professionale, trattarli entrambi allo stesso modo e cercare di minimizzare ciò che dicono in pubblico. Per fortuna Damon e Ayrton, pur avendo corso insieme solo 3 gare, andavano molto d'accordo".

1994 in cui Senna, dal primo test in Williams, non si disse mai contento della macchina. Conferma?

"Non era contento della posizione di guida, non delle prestazioni della monoposto. Voglio dire: la vettura era ancora veloce, come lo era stata nel 1993, e lo si era visto in Brasile e ad Aida. Semplicemente non si sentiva a suo agio con la posizione di guida, con la presa sul volante e per questo il team ha apportato alcune modifiche per accontentarlo durante i test invernali".

Modifiche diverse da quelle che a Imola, intervenendo sul piantone dello sterzo, hanno portato al cedimento dello stesso, e di conseguenza, all'incidente del Tamburello?

"No, quella di Imola è stata uguale alle altre effettuate nelle due gare precedenti e dopo i test invernali. Ma vorrei precisare un aspetto: io ero addetta stampa, non una figura tecnica e quindi non coinvolta in queste decisioni".

Parlando di Imola '94, posso chiederle quali erano le sensazioni di Ayrton, ma anche sue e del team, alla vigilia del weekend?

"In questi 30 anni sono state scritte molte cose su quel weekend e su come si sentiva Ayrton alla vigilia. Era un professionista, faceva il suo lavoro, e per noi quella di Imola era una gara in cui volevamo fare bene e finire la gara dopo i due zeri nelle prime due uscite della stagione. Tuttavia gli incidenti di Rubens Barrichello nelle prove libere e di Roland Ratzenberger in qualifica hanno colpito tutti. L’intero paddock era sotto shock, non solo la nostra squadra, non solo Ayrton".

Ha lavorato, anche dopo la tragedia del sabato, a fianco di Ayrton: crede che fosse solo sotto shock o che percepisse già qualcosa di negativo?

"Era il solito pilota, la solita persona, come sempre molto professionale. Certo era sotto shock, così come lo eravamo tutti noi, l'intero paddock, per l'incidente mortale di Ratzenberger".

Posso chiederle se ricorda come si svolse quello che, a posteriori, sarebbe stato l'ultimo giorno di Ayrton?

"Ricordo una giornata normale, regolare. Dal mio punto di vista, come PR, posso dire che i piloti si tengono per sé il giorno della gara: non ci sono mai impegni media prima di un GP. Era silenzioso, parlava poco ma c'era da aspettarselo. Solo dopo abbiamo scoperto che in macchina aveva la bandiera austriaca che intendeva usare come omaggio a Roland Ratzenberger, era la sua intenzione. Inoltre era molto patriottico e aveva anche una bandiera brasiliana da mostrare in caso di vittoria".

Quindi una realtà diversa da quella narrata negli anni. E sul fatto che, insolitamente, Ayrton rimase fermo in macchina prima della partenza senza scendere, cosa può dirci?

"Anche qui bisogna fare una precisazione. In quegli anni molti dei piloti in griglia restavano nelle loro auto prima della gara, era abitudine comune perché al tempo non c'erano molte troupe televisive o giornalisti in griglia in attesa di parlare con i piloti".

Se le chiedessi di chiudere gli occhi e dirmi quello che è il suo ultimo ricordo di Ayrton: cosa le viene in mente?

"Ricordo quella mattina prima della gara di Imola come una mattinata tranquilla. Mi ricordo Ayrton seduto nel motorhome, come sempre. Era insieme a suo fratello Leonardo, al suo fisioterapista Josef e al suo PR. Come al solito, a ridosso della gara, ero in griglia insieme a Damon Hill, e tutto era calmo. Poi, purtroppo, tutto è andato storto, dall'inizio di quella gara fino all'incidente di Senna al Tamburello, con tutte le sue conseguenze. Penso sia triste guardarsi indietro e pensare a chi abbiamo perso, sia come pilota che come essere umano, un adorabile essere umano".

Avendo conosciuto e lavorato con il brasiliano, quale è il suo personale ricordo di Ayrton, a 30 anni dalla sua scomparsa?

"Mi piace ricordarlo come un uomo profondamente spirituale. Era un pilota straordinario, probabilmente il migliore di sempre. Era legato al Brasile ed è bello vedere che la Fondazione Senna, che aveva da poco creato per aiutare i bambini in difficoltà nel suo paese, esiste ancora. Ha fatto un ottimo lavoro".

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