C’era da aspettarselo: Sebastian Vettel ritorna alla grande e vince senza indugi il Gp d’Europa a Valencia. E’ sempre Red Bull, anche se McLaren e Ferrari sono ora vicine. Il risultato della gara, però, è ancora sub judice per via delle convulse fasi in cui è entrata in pista la Safety Car. Tutto nasce intorno al decimo giro, quando Mark Webber decolla (letteralmente) sulla monoposto verde di Heikki Kovalainen, compiendo un volo rovesciato che ha atterrito tutti. Fortunatamente nessuna lesione per l’australiano, protagonista solo di un bruttissimo spavento e di una rabbia notevole per aver gettato al vento sin dallo start una buona occasione, quando diverse vetture sono riuscite a sorpassare la sua Red Bull.
Grande battaglia sin dal via anche per Vettel ed Hamilton, già allo scontro nella prima curva, con la sagoma di Alonso che era in procinto di superare il rivale inglese e mettersi alla caccia della Red Bull. I tempi e la velocità per fare bene c’erano, anche perché Massa si era posizionato alle spalle di Fernando. Tutto è stato stravolto dal suddetto incidente tra Webber e la Lotus, che ha convinto con immediata facilità i commissari a far uscire la Safety Car. Qui è avvenuto il momento chiave della gara: dopo il passaggio di Vettel la Safety Car ha lasciato la corsia box ed è stata superata da Hamilton (il quale in conferenza stampa dirà di non essersi quasi accorto di nulla…), reo quindi di aver compiuto un gesto furbo che i piloti Ferrari, subito dietro, non hanno commesso. Sia Alonso che Massa, infatti, si sono incolonnati (dovendo notevolmente rallentare rispetto a tutti gli altri) per primi dietro la vettura di sicurezza, mentre sia i rivali che tutte le altre monoposto andavano a raggiungere l’entrata box per fare il cambio gomme.
Quindi quella che all’inizio è sembrata la solita mancanza di prontezza da parte dei box Ferrari nel fermare le vetture, è stata in realtà una sfortunata coincidenza mista al totale rispetto delle regole, che appunto in quel momento vietavano qualunque sorpasso alla Safety (a meno che, come Vettel, non si fosse già passati prima della sua uscita dai box). Una situazione ingarbugliata in cui hanno sbagliato tutti, Federazione per prima: un’infrazione (quella di Hamilton) non può essere punita dopo quasi una ventina di giri. Il drive through comminato all’inglese, infatti, lo ha danneggiato poco in quanto aveva avuto il tempo di costruire un vantaggio sul terzo in classifica (in quel momento Kobayashi, che ha ritardato moltissimo la sua entrata ai box). Il culmine del ritardo si è raggiunto quando dopo i tre quarti di gara sono finite sotto investigazione tantissime altre monoposto, che sempre al momento dell’uscita della Safety Car non avevano rispettato il tempo minimo comunicato sul display di ogni monoposto (altra nuova regola in vigore da quest’anno quando entra in scena la vettura di sicurezza). Insomma, un pasticcio senza fine in cui a pagare più di tutti è stata la Ferrari. Sia Alonso che Massa, infatti, hanno mostrato chiaramente una gran dose di delusione e rabbia, per un risultato che qualcuno ha dichiarato letteralmente falsato.
Deve riflettere, la Fia. Perché non è ammissibile accumulare così tanto ritardo nel comminare una penalità per un’infrazione in fin dei conti abbastanza evidente. Le regole sulla Safety Car si erano mostrate ambigue anche quando a Montecarlo Schumacher superò Alonso all’ultima curva. Un insieme di fatti che non può che ricondurre anche a un altro evento di inizio stagione dello scorso anno, quando la mancanza di chiarezza nel regolamento tecnico generò le diverse interpretazioni sui diffusori, che valsero la superiorità della Brawn per buona parte della stagione. Tempi più rapidi, mano ferma e chiarezza totale sia dal punto vista sportivo che da quello tecnico: forse partendo da questi ingredienti si può arrivare al tanto ricercato spettacolo in pista. Sì, perché oggi, senza queste grossolane sbavature, avremmo potuto assistere a una delle sfide più eccitanti degli ultimi tempi, con una lotta serrata a tre per la vittoria tra Vettel, Hamilton e Alonso.
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