Un sognatore non muore mai, lo ripetiamo, citando il titolo scelto. Non muore mai perché lascia sulla terra, in questo caso sull'asfalto, l'esempio di chi in ogni modo ha tentato di proiettarsi in avanti, di scoprire nuove strade e al tempo stesso ottimizzare risorse.
La testa e le idee proiettate in avanti, i piedi per terra con tutto il senso pratico di un irlandese; un irlandese che per di più aveva lavorato in banca.
Da pilota si era rotto la gamba sinistra, ma continuò a barcamenare tra Formula Tre e Formula Atlantic; da fondatore della scuderia che portava il suo nome e capitano d'azienda, seppe sempre navigare in acque perigliose, remando tra flutti di difficoltà ma al tempo stesso lasciando una scia di soddisfazioni, come la vittoria di Giancarlo Fisichella in Brasile nel 2003, ultima nella storia del team, o il fatto di vedere la sua monoposto in lotta per il titolo, come era accaduto nel 1999 quando Heinz - Harald Frentzen dopo due vittorie e una serie di piazzamenti riuscì a classificarsi alla fine terzo nel Mondiale, o come quando l'anno prima Damon Hill e Ralf Schumacher arrivarono primo e secondo in Belgio.
Ha affrontato e perso cause milionarie, gestito capitali in recesso, ottimizzato risorse tagliando le spese come se invece che irlandese fosse scozzese; nel frattempo ha scoperto talenti e ha offerto a degli sconosciuti che non sarebbero rimasti tali a lungo le chance per dimostrare il loro valore: un nome su tutti, quello di Michael Schumacher.
Da opinionista televisivo di altissimo livello, riusciva a distillare giudizi che avevano sempre la luce della prospettiva, non solo del commento contingente.
Ha governato anche se stesso, durante il corso della malattia, senza proclami da eroe e senza dolersi del destino, che assomiglia proprio alla corse: devi tenere sotto controllo tutto, e a volte non basta.