La Formula 1 vi piace ancora?
La domanda è ovviamente provocatoria e la nostra risposta è ovviamente: si, ci piace ancora! Per certi versi anche di più, ma c’è qualcosa che non funziona, che delude…

19/07/2025 16:15:00 Tempo di lettura: 6 minuti

Ma la Formula 1 vi piace ancora? La domanda è ovviamente provocatoria e la nostra risposta, sentita e sincera, è ovviamente: si, ci piace ancora! Per certi versi anche di più, per gli standard di sicurezza aumentati, per i passi avanti nell'inclusione e nell'attenzione all'ambiente, ma per altri versi c'è qualcosa che non funziona, che delude.
 

Un "ricchissimo" calendario

Negli ultimi anni la Formula 1 ha vissuto una straordinaria escalation commerciale. Grazie all’ingresso di Liberty Media e a una visione sempre più globale, la massima categoria dell’automobilismo ha conquistato nuove frontiere: dall’America – oggi tappa fissa con ben 5 GP – ai Paesi ricchissimi del Medio Oriente, passando per mete sempre più “esotiche” che fanno gola agli investitori ma lasciano perplessi i puristi e gli appassionati storici.

Il calendario è arrivato a contare 24 Gran Premi, un record assoluto, già considerato insostenibile per i team e i piloti. Eppure, le richieste non mancano: se i team potessero, la macchina organizzativa ne farebbe correre anche 30. Intanto però, la Germania è sparita dalle scene  – l’ultima gara al Nürburgring risale al 2020 – e l’Italia ha già perso Imola, e altri circuiti storici sono stati messi da parte in favore di tracciati cittadini scintillanti per il contesto … ma spesso meno adatti a generare spettacolo in pista.

 

Stadi pieni e divani vuoti

Questa espansione ha avuto effetti contrastanti. Da un lato, i numeri negli impianti sono spesso straordinari – con la maggior parte dei GP che hanno registrato oltre 300.000 spettatori in loco nel 2024 – dall’altro, l’audience televisiva è collassata. Prendiamo l'esempio dell'Italia: in base alle rilevazioni Auditel dai picchi di oltre 10 milioni di spettatori medi a inizio anni 2000, si arriva oggi a una media stagionale di solo 2,4 milioni dopo 10 gare del 2025, in lieve ripresa rispetto ai 2,2 milioni del 2024, ma comunque ai minimi storici.

E non è solo questione di pay-per-view: gli altri grandi sport (calcio, tennis, MotoGP) vivono nelle stesse limitazioni, ma continuano a coinvolgere il grande pubblico, tanto dietro agli schermi quanto nelle discussioni al bar. La F1, invece, oggi si riduce a pochi secondi nei telegiornali, e appare un prodotto di nicchia anche dal punto di vista editoriale.
 

La voce del popolo

In questo contesto, i social network – un tempo considerati una vetrina secondaria – diventano oggi una cartina tornasole fondamentale per tastare il polso della passione. Possiamo dire che la nostra è un punto di vista privilegiato, siamo nati oltre 27 anni fa, quando ancora non esistevano, né abbiamo visto la crescita e l'abbiamo vissuta gestendo i nostr profili con migliaia di iscritti e monitorando protagonisti e la concorrenza, e possiamo dire che sì, i follower crescono… ma il sentiment è perlopiù negativo.

È vero, i social sono il regno degli haters, ma riflettono anche un disagio reale. Dagli utenti più datati a quelli più giovani, da Facebook a TikTok, il quadro è chiaro: il malumore è diffuso. I nostalgici rimpiangono praticamente tutto, il carisma dei protagonisti, il ritmo dei weekend, la forza delle sfide, persino il rumore dei motori. I più giovani criticano uno spettacolo percepito come falso, appesantito da regole cervellotiche, penalità incomprensibili e un’omologazione tecnica che limita innovazione e fantasia.

D'altro canto in questi anni, soprattutto i più giovani, si sono abbeverati alla fonte romanzata della serie TV Netflix, Drive To Survive, a cui ora si aggiunge anche il film ufficiale della F1, esempi che accentuano forzatamente drammi e speculazioni e che innescano dubbi e perplessità su un mondo che un tempo era basato su un concetto tanto semplice quanto affascinante: metti tanti piloti su macchine velocissime e vediamo cosa succede (sia chiaro che non rimpiangiamo gli incidenti mortali ma solo una competizione più genuina).

Messa bene in evidenza la pars destruens, resta la domanda: cosa possiamo fare di costruttivo? Noi abbiamo spesso proposto una svolta: liberalizzare il regolamento tecnico. Lasciamo spazio a inventiva e audacia, ponendo come unico caposaldo il budget cap per garantire competizione tra grandi e piccoli. Vogliamo concept radicali, aerodinamiche diverse, motori innovativi: non più cloni con livree differenti.

E voi, che ne pensate? La Formula 1 vi appassiona ancora o vi siete allontanati? Raccontatecelo nei commenti: trovate questo articolo anche sui nostri canali social, siamo curiosi di leggere le vostre idee, e successivamente di sintetizzarle in un altro articolo.

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