Come «costruire» un Campione. Le rivelazioni del performance coach di Max Verstapoen
26/08/2025 14:00:00 Tempo di lettura: 5 minuti

Se pensi a Max Verstappen, nel 99% dei casi immagini e descrivi la figura di un talento naturale, nato per correre e destinato a vincere, uno dei pochi eletti che hanno ricevuto il "dono" della velocità, e non per niente accostato a Senna, o Schumacher, ma anche Fangio o Ascari.

La narrativa comune ne associa il successo al DNA (mamma e papà sono stati grandi piloti), o comunque al contesto che lo ha portato naturalmente a vivere la pista fin da bambino. Ma l’intervista rilasciata dal suo ex performance coach Bradley Scanes al podcast High Performance apre a nuovi punti di vista: il quattro volte campione del mondo è in realtà il "prodotto" di un lavoro metodico, di una disciplina costante e di una capacità mentale fuori dal comune, alimentata fin da piccolo dal padre e poi raffinata tramite continuo esercizio.

Scanes, che ha seguito Verstappen dal 2020 al 2023, nel pieno della sua ascesa, ha raccontato come la loro collaborazione sia nata quasi per caso e si sia poi trasformata in un rapporto più profondo anche dal punto di vista umano. «Max non cercava soltanto un allenatore, ma una persona di fiducia, qualcuno che fosse al suo fianco in ogni situazione», spiega l’inglese.

Gli aneddoti non mancano: dalla preparazione per il GP dell’Arabia Saudita 2021, quando Verstappen si procurò da solo un simulatore del tracciato, fino al weekend di Abu Dhabi dello stesso anno, in cui il pilota olandese mostrò una calma glaciale pur trovandosi sotto una pressione immensa. «Abbiamo lavorato su un concetto chiave: non serve vincere ogni gara, ma pensare sempre in ottica campionato», racconta Scanes, ricordando la trasformazione mentale che portò Verstappen al suo primo titolo mondiale.

 

Cosa rende Max così speciale?

Il coach sottolinea anche come Verstappen sappia “accendere l’interruttore” al momento giusto: rilassato fuori dalla pista, capace però di entrare in una concentrazione assoluta non appena sale in macchina. «Detesta allenarsi, ma quando lo fa è con un’intensità incredibile. È ossessionato dai dettagli: ascolta i rumori delle auto, studia le telemetrie, memorizza feedback che agli altri sfuggono», rivela.

Non meno importante il lato umano: Scanes ha svolto un ruolo da collante tra Max e il team. Un lavoro fatto di dettagli ed attenzione anche per il lavoro degli altri, che si concretizza nel fermarsi ai box in ogni occasione per analizzare i dati insieme a meccanici ed ingegneri, senza cercare scuse nei momenti difficili rimanendo sempre e comunque brutalmente sincero. L’addio a fine 2023 fu carico di emozione, con un abbraccio sul grid di Abu Dhabi che sancì la fine di una parentesi intensa e vincente. «È stato doloroso, ma necessario. Avevo bisogno di stare con la mia famiglia», ha spiegato.

Ogni stagione con Verstappen, rivela Scanes, aveva un motto: nel 2020 «Cosa serve per vincere un mondiale?»; nel 2021 «La costanza distingue i buoni dai grandi»; nel 2022 «Non si vince nel momento, ma nei mesi e anni di lavoro che lo precedono». Una filosofia che ben descrive il metodo e la mentalità di un campione che, pur odiando la palestra, ha fatto della precisione e della resilienza i suoi strumenti migliori.

Secondo Scanes, il futuro di Verstappen resta un punto interrogativo. «Max è leale, ma fino a un certo punto. Se la Red Bull non sarà competitiva nel 2026, non è escluso un addio». Ma per ora il legame con la scuderia che lo ha lanciato resta fortissimo.

Questa intervista restituisce un Verstappen diverso dall’immagine più banale con cui spesso viene associato. Un pilota non solo rapido e aggressivo, ma anche calcolatore, sensibile e consapevole di quanto il lavoro mentale sia decisivo. E secondo voi siamo di fronte al talento puro o al prototipo del campione costruito con metodo?


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