Il primo gran premio della stagione è stato funestato, lo sappiamo tutti, dalla morte del signor Graham Beveridge, un commissario di percorso (i commissari, non dimentichiamolo mai, sono semplici appassionati come me e voi che mi leggete, che contribuiscono con il loro impegno volontario a far sì che i gran premi si possano correre).
L'incidente in cui ha perso la vita è uno dei tre episodi dai quali, per contrasto, e per loro fortuna, i piloti coinvolti sono usciti (incredibile, eppure è vero), assolutamente illesi.
Vorrei dedicare questo numero delle "prospettive mondiali" a parlare di sicurezza, per quanto posso e sono capace.
La Formula Uno ha fatto passi enormi per proteggere i piloti, al punto che si può affermare che domenica scorsa il posto più sicuro da cui seguire il Gran Premio era l'abitacolo di una Formula Uno: venerdì, nelle prove libere, Schumacher esce di pista a 190 kmh, fa un doppio tonneau da cui esce illeso andando a vincere due giorni dopo la gara.
Hakkinen esce di pista durante il Gran Premio a fortissima velocità (oltre 200 kmh)e se ne torna ai box anche lui illeso.
Villeneuve impatta contro un muretto a 250 kmh uscendo anche lui illeso, però è proprio nel corso del suo incidente che muore il commissario. Tre incidenti terrificanti, e sto lasciando da parte quello di Heidfeld. Se non fosse morto il commissario di percorso oggi, oltre ad aver festeggiato o apprezzato la bella vittoria Ferrari, saremmo a commentare il clamoroso livello della sicurezza passiva raggiunto dalle Formula Uno moderne, che rimane comunque un riferimento anche per le altre categorie e forse anche per le vetture della produzione, nonostante si tratti comunque di incidenti molto brutti.
Morire come è successo al povero signor Beveridge, non ha alcunchè di nobile o eroico. Anzi, è un modo maledettamente triste per chiudere con la vita. E per quanto possa essere un evento dovuto a una catena di concause assolutamente irripetibile, un colpo di sfortuna di proporzioni cosmiche, è giusto fare tutto il possibile perchè questo non si verifichi più.
Il verificarsi di tali incidenti e il fatto che rispetto all'anno scorso il tempo della pole position sia sceso di 3"7 dovrebbe indurre ad attente considerazioni sia dal punto di vista tecnico che regolamentare, ed a suggerire ai piloti di prestare particolare attenzione al loro comportamento in pista e a quello delle vetture, che indubbiamente presenta criticità.
Il guadagno di 3"7 viene spiegato anche con il raggiungimento di elevatissime velocità di punta (sabato, in qualifica, Juan Pablo Montoya ha toccato i 313,7 kmh alla misurazione della velocità massima e nello stesso punto il più lento ha raggiunto comunque i 300 kmh). A tali velocità corrispondono sollecitazioni che espongono le sospensioni a rischio di rottura (è proprio la rottura di una sospensione ad aver causato l'incidente di Hakkinen), sulle quali influisce anche non poco il livello di aderenza che si cerca dalle gomme.
Ancora più rilevante è osservare come si comportano le Formula Uno in caso di urto.Ora, è ovvio che se una F1 ha un urto frontale a 60 kmh contro un muro l'effetto sarà di distorcere il musetto, rompere la sospensione, staccare la ruota (tutto resterà sostanzialmente attaccato alla vettura). Le catene di contenimento e blocco delle ruote funzioneranno molto bene. Se analogo urto avviene a 200 kmh l'energia cinetica che esso sprigiona è talmente forte da mandare in frantumi tutte le parti sporgenti (spoiler, alettoni, ruote, sospensioni, semiassi) che prenderanno il volo. Temo non sia possibile tenere attaccate le ruote alla scocca a quelle velocità a meno di usare qualche meccanismo di derivazione aerospaziale (tipo i sistemi di trattenimento usati sulle navi spaziali, che resistono alle sollecitazioni dei lanci, assai superiori a quelle di un Gran Premio) o qualche sistema basato su contatti elettromagnetici. In pratica questo vuol dire usare i cannoni per sparare a una lepre. Il rischio delle catene è che invece di trattenere le ruote queste vengano lanciate via sempre per effetto dell'energia cinetica.
Non si potrà mai fare a meno dei commissari di percorso presso la pista, perchè essi sono le persone che per prime assistono i piloti in caso di inconvenienti (basta una uscita di strada anche senza conseguenze o un incidente per richiedere il loro intervento).
In un circuito punti "sicuri per definizione" non ce ne sono; ve ne sono però dove è più probabile essere al sicuro (per esempio, all'interno di una curva o a una certa distanza dalla pista). A prescindere dall'episodio di Melbourne, potrebbe rivelarsi indicato sostituire le segnalazioni con bandierine ricorrendo a segnali luminosi (basati tanto su semafori quanto su indicatori luminosi sul volante - computer). Potrebbe rivelarsi molto utile, pensando alla protezione dei commissari di percorso, studiare un "catalogo" di soluzioni.
In certi circuiti può essere adatto rialzare i muretti - mentre altrove può rivelarsi redditizio installare appositi gabbiotti protetti; altrove possono essere indicate metodologie differenti. Può essere utile ripensare la disposizione delle tribune.
Goletto Piero Giuseppe