La continua crescita di popolarità e il boom commerciale della F1 è confermato dall'aumento di interesse da parte di nuovi Paesi e potenziali organizzatori dei GP, un fatto innegabilmente positivo per tutti coloro che sono associati al campionato.
Ma il crescente numero di gare, alla fine ridotto a 23 dopo la cancellazione della Cina, ha anche innescato diverse preoccupazioni per il benessere di coloro che lavorano dall'inizio alla fine di questo estenuante calendario e per l'impatto che questo può avere sulle loro vite.
Altro punto critico di questo lungo calendario riguarda la scelta delle date. Obiettivo della F1 era di raggruppare meglio le gare per disposizione geografica, ma alcuni appuntamenti consecutivi come Baku e Miami, e gli appuntamenti finali di Las Vegas e Abu Dhabi sembrano essere in contrasto con questa idea.
Indubbiamente non è semplice conciliare il calendario della F1 con le esigenze dei vari promotori, di natura a volte politica o legata al contesto sociale. A questo punto però sarebbe necessario sciogliere il nodo dell'ipocrisia che vorrebbe una F1 per raggiungere l'azzeramento delle emissioni di carbonio entro il 2030, e un circus che inevitabilmente ha un impatto notevole anche solo per gli spostamenti logistici intorno al mondo.
Ellen Jones, a capo della sostenibilità della F1 dall'inizio del 2022, ritiene che la popolarità della massima serie la rendeva una piattaforma perfetta per diffondere il messaggio.
"Corriamo in tutto il mondo. Abbiamo una voce importante nel mostrare come può essere la sostenibilità nella vita reale nel contesto dei nostri eventi. È una grande opportunità, ma richiede molto lavoro".
Indubbiamente sono in atto molte iniziative a sostegno di questo obiettivo, a partire dalle misure imposte ai promotori delle gare in termini di sostenibilità. Obiettivi misurabili che riguardano i rifiuti e il riciclaggio, il consumo di energia, gli spostamenti dei tifosi e l'impatto sulla comunità locale. "Si tratta di creare una struttura che ci consenta di consigliare gli organizzatori, ma anche di monitorare ciò che stanno facendo per assicurarci di continuare ad alzare l'asticella", spiega Jones.
"La prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di stabilire delle clausole contrattuali che stabiliscono che i piani di sostenibilità devono essere consegnati, che i dati sull'impronta di carbonio devono essere rilasciati. Tutte le cose nella vita tornano su Excel! È il luogo in cui si tracciano gli obiettivi".
La F1 vuole anche dimostrare che con rigide procedure e controlli si può conciliare lo sfarzo e la magnificenza con la sostenibilità, come ha fatto lo scorso anno quando in Spagna ha realizzato un imponente motorhome progettato all'insegna dell'efficienza senza sacrificare le opzioni di ospitalità.
"Se si progettano le cose per viaggiare, in modo che possano essere impilate, leggere e più efficienti, si può ancora mettere in scena un grande spettacolo, ma con meno auto e meno camion sulla strada", dice Jones.
"Speriamo che i team siano interessati a fare questo e a riprogettare. Ci sono alcune cose che possiamo fare e dire che questa è una regola che dobbiamo seguire. Ma ci sono altre cose che si possono fare dando l'esempio e dicendo che questo è un modo migliore di fare le cose, per favore prendetelo in considerazione".
Ciò che invece sembra davvero impossibile per la Formula 1 e conciliare senza ipocrisia l'obiettivo di sostenibilità con la sua natura itinerante.
La logistica e i viaggi rappresentano due terzi dell'impronta di carbonio della F1 da gara a gara. Per quanto efficienti possano essere le power unit delle monoposto, o per quante modifiche gli organizzatori apportino ai loro eventi per renderli più sostenibili, l'impatto di così tanti chilometri in aereo richiede contromisure impossibili da mettere in atto.
Quando ha lanciato il suo piano di sostenibilità nel 2019, la F1 ha fissato l'obiettivo di ridurre le emissioni di almeno il 50%. Alcune cose sono state fate rapidamente, come l'utilizzo di sola energia rinnovabile per alimentare i suoi uffici, e la richiesta di operare in remoto nata durante la pandemia COVID ha mostrato alternative che potrebbero ridurre l'impronta di carbonio grazie alla presenza di meno persone in loco. Ma i trasferimenti intercontinali richiedo provvedimenti ben più efficienti dal punto di vista delle emissioni di carbonio, ed inevitabilmente il passaggio a un maggior numero di trasporti via mare o l'utilizzo di hub regionali per ridurre le distanze percorse, oltre a valutare con attenzione ciò che viene trasportato da un evento all'altro.
"Dobbiamo esaminare ogni singolo pezzo di equipaggiamento e dire se è necessario, se può essere progettato in modo da essere leggero, se può essere replicato, quanto spesso deve essere aggiornato", afferma Jones. "Non si tratta solo di una questione di sostenibilità, ma anche di un problema di funzionamento futuro della F1. Il progetto è in corso e continuerà a crescere, perché dobbiamo fare questo tipo di cambiamento strategico su larga scala del modo in cui lavoriamo, in modo che la gente possa ancora avere un grande evento e attività".
Il calendario sarà il problema più grande nell'immediato futuro. Con la scadenza dei contratti e l'aumento della domanda di nuovi eventi, la F1 sarà forse in una posizione migliore per raggruppare il suo programma in base ai Paesi ospitanti, con un impatto positivo sul numero di viaggi necessari in una stagione. È un obiettivo condiviso da tutti in F1, fino all'amministratore delegato e presidente Stefano Domenicali.
Ma rimangono forti dubbi su come alcuni particolari problemi possano conciliarsi con l'obiettivo, come le finestre meteorologiche, ed i contesti geo-politici. Come sempre sarà necessario accettare un compromesso. Quello che ci chiediamo allora è perchè non si cerchi un maggiore compromesso anche nelle tante limitazioni che l'obiettivo "carbon zero" sta imponendo allo sport, nei suoi aspetti più collegati alla pista.
Un limite così stringente di power unit utilizzabili durante una stagione è ragionevolmente poco sensato, considerando soprattutto i grandi investimenti necessari per raffinare le tecnologie per garantire che i motori siano affidabili e prestazionali per così tanti chilometri.
Le forti limitazioni all'uso delle termocoperte (fino al divieto assoluto) ha analogamente comportato ingenti investimenti sia per il fornitore Pirelli sia per le scuderie, costrette ad impegnarsi in importanti sessioni di ricerca e sviluppo.
Tutti investimenti che probabilmente avrebbero un rientro maggiore se dirottati in altri ambiti, adottando ad esempio asfalti e manti tecnologicamente più avanzati ed in grado di risolvere anche il grande problema del drenaggio in caso di pioggia. L'impressione è che in alcuni casi si ecceda nell'ipocrisia, in esercizi di stile, in virtuosismi dell'apparenza che rischiano di sacrificare lo spettacolo, quando banalmente un reale aiuto potrebbe arrivare finanziando iniziative ecologiche in grado di compensare l'impatto delle corse sull'ambiente, tramite riforestazione, pulizia degli oceani ed aiuti concreti agli enti che stanno cercando di curare il pianeta. Meno campagne di sensibilizzazione e più interventi concreti, lasciando maggiore libertà a quelle 20 monoposto che sfrecciano in pista ed allo spettacolo che portano in giro per il mondo.
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