Il «qualcosa» che ha trovato Red Bull è un segreto che simula le sospensioni attive
Tempo di lettura: 9 minuti

La RB19 nasconde i segreti del grande progettista Newey e del suo team di ingegneri. Segreti che vanno molto oltre il disegno delle pance o le forme del diffusore o del bordo di uscita del fondo, soluzioni geniali in aree non visibili che hanno dato al team un vantaggio tale da essere "di un'altra categoria" come hanno dichiarato recentemente Leclerc, Vasseur, Wolff ed Hamilton.

Particolarmente rilevanti sono le dichiarazioni post gara di Leclerc: "La Red Bull ha fatto uno step davvero importante questo weekend. Ha trovato qualcosa questo è certo. Basta guardare i distacchi che abbiamo avuto sia in qualifica ieri che in gara oggi"

Analizzando i dati delle telemetrie, del GPS, i tempi dei vari stint con le varie mescole di gomme, alcune cose sono assolutamente certe: la RB19 ha una grandissima aderenza nelle curve veloci, una grande trazione in uscita dalle curve, una buona velocità nei rettilinei ed una stabilità inarrivabile quando i piloti aggrediscono i cordoli. Parametri che nessun altro team riesce a mettere tutti insieme e che conferiscono alla Red Bull le buone prestazioni in qualifica e l'ottima gestione delle gomme e conseguente ottimo ritmo in gara.

I grafici di @F1DataAnalysis dimostrano senza alcun dubbio che la RB19 è la monoposto che riesce ad avere il miglior compromesso tra velocità, aderenza longitudinale e aderenza laterale.

Il «qualcosa» che ha trovato Red Bull è un segreto che simula le sospensioni attive

Il principale problema della Ferrari in gara è sicuramente il degrado delle gomme, che è sostanzialmente causato da due fattori: l'usura meccanica e la degradazione termica (riscaldamento), entrambi aumentano quando la monoposto non ha una buona aderenza in curva, perché la gomma slitta, si surriscalda e si degrada.

Perchè le altre monoposto non riesco ad ottenere questo compromesso ottimale?

Per rispondere alla domanda dobbiamo fare una piccola premessa forse nota ai più ma doverosa. Le nuove monoposto ad effetto suolo che sono state introdotte lo scorso anno devono trovare aderenza e downforce tramite il fondo più che tramite le ali. La differenza di velocità tra i flussi che passano e si incanalano sotto la vettura (nei famosi canali di Venturi) e quelli che passano sopra la vettura, causa un effetto che incolla a terra le vetture anche nelle curve, consentendo ai piloti di rimanere vicini alla macchina che si insegue senza essere danneggiati dai disturbi aerodinamici della scia della vettura davanti.

Per ottenere questo risultato, per raggiungere questa aderenza, le vetture devono "sigillare" i flussi sul fondo, devono viaggiare basse da terra e devono essere rigide sulle sospensioni, ma attenzione, non si può esagerare con questi parametri perché altrimenti si innescano alcuni effetti indesiderati, in particolare il porpoising che a sua volta porta a compromessi su aderenza laterale e reattività sui cordoli. Vediamo di capire perché:

Il porpoising è la tanto discussa oscillazione della vettura causata dall'alternarsi del pompaggio e dello stallo aerodinamico. La vettura viene schiacciata a terra dall'effetto suolo, ma quando la velocità aumenta e arriva troppo vicina al suolo il sistema dei flussi va in stallo e la vettura torna in alto oscillando "come un delfino".

Per combattere il porpoising in modo semplice le scuderie possono o viaggiare con le monoposto più alte da terra (perdendo aderenza) o possono scegliere soluzioni con cinematiche sospensive più rigide. Nel primo caso si perde aderenza nelle curve veloci ed aumenta il degrado (quello che è successo alla Ferrari dopo la TD39), nel secondo caso si perde trazione e stabilità sia sui passaggi sui cordoli, sia sui circuiti con asfalti irregolari.

Questi compromessi sono letteralmente stati gli incubi di Ferrari e Mercedes, che su circuiti come Spa hanno mostrato tutte le loro difficoltà nel trovare il setup ottimale che invece Red Bull ha messo in pista dal primo giro. A Spa serve infatti viaggiare alti da terra per affrontare i cordoli e l'improvviso schiacciamento del sali-scendi all'Eau Rouge, ma serve anche l'aderenza nelle curve veloci per cui invece si dovrebbe irrigidire ed abbassare la macchina.

Come ha fatto quindi la Red Bull ad ottenere questo vantaggio?

Il «qualcosa» che ha trovato Red Bull è un segreto che simula le sospensioni attive

A maggio dello scorso anno, quando Mercedes era in piena crisi, una dichiarazione di Russell è stata particolarmente significativa: "Se ci fossero le sospensioni attive, si potrebbe risolvere con uno schiocco delle dita. Inoltre le vetture sarebbero anche molto più veloci".

Ricordiamo velocemente, ma faremo un adeguato approfondimento, che le sospensioni attive vennero impiegate per la prima volta in Formula 1 nel 1987 sulla Lotus 99T con cui Ayrton Senna ottenne risultati molto importanti. Il sistema rilevava l’altezza da terra della monoposto e impostava in tempo reale l’assetto e la rigidità delle sospensioni attraverso attuatori idraulici che di fatto garantivano alla macchina un’altezza da terra costante al variare della velocià. Questa tecnologia fu ulteriormente migliorata dalla Williams che dominò le due stagioni successive al punto che la federazione decise di bandire le sospensioni attive a partire dal 1994, sostenendo che era necessario limitare gli aiuti elettronici al pilota.

Il «qualcosa» che ha trovato Red Bull è un segreto che simula le sospensioni attive

Quindi le sospensioni attive, con supporto dell'elettronica, dei sensori e degli attuatori, sono attualmente ancora bandite, ma è possibile replicarne i vantaggi con soluzioni esclusivamente meccaniche e quindi in teoria legali? Una prima e veloce risposta sarebbe negativa. Ci provò Mercedes nel 2013 con una soluzione chiamata FRIC (Front to Rear Interlinked Suspension) collegando gli ammortizzatori ad un circuito idraulico che veniva attivato da una particolare "deformazione" del telaio che era progressiva tra basse ed alte velocità, aumentando di conseguenza la rigidità delle cinematiche delle sospensioni. In questo modo, si poteva mantenere correttamente l’altezza da terra. Anche questa soluzione fu dichiarata però illegale e venne vietata.

Oggi, dobbiamo ripeterlo, analizzando i dati di telemetria, del GPS, il comportamento della monoposto sui cordoli e il degrado delle gomme, sembra certo che la Red Bull abbia trovato il modo di replicare questo sistema. La RB19 è rigida, stabile e con grande aderenza laterale nelle curve veloci, ma è anche morbida ed aggressiva sui cordoli ed ha un'ottima trazione in accelerazione, ha tutto.

Quel genio di Newey ha "trovato qualcosa". Forse nella gestione dei flussi sul fondo, forse nelle cinematiche delle sospensioni anteriori e posteriori, forse nella distrubuzione dei pesi? Non possiamo saperlo! Ma è riuscito a dare i suoi piloti una monoposto che si comporta come quelle "illegali" e irraggiungibili Williams dei primi anni '90 e indovinate chi progettò quelle auto?

Foto www.motorsportmagazine.com

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