Hamilton vicino alla meta, ma è Max la più grande minaccia per Schumacher:  l'analisi di Terruzzi
24/08/2023 10:35:00 Tempo di lettura: 6 minuti

Nell'ultimo numero della rivista Autosprint, in edicola a partire da martedì 22 agosto, Giorgio Terruzzi ha dedicato un ampio focus a Max Verstappen. Il quasi 26enne olandese, complice una Red Bull velocissima, sta dominando il mondiale 2023 con una facilità disarmante ed è sempre più lanciato verso la conquista del terzo titolo consecutivo. È lui il pilota candidato ad infrangere il record dei sette sigilli detenuto a pari merito da Michael Schumacher e Lewis Hamilton? Tutto lascia presagire che abbia le potenzialità per farlo, ma solo il tempo - o meglio la pista - potrà darci una risposta a tale interrogativo. Intanto, SuperMax si sta già mettendo alle spalle nomi importanti della storia del Circus.

Le osservazioni di Giorgio Terruzzi

Hamilton vicino alla meta, ma è Max la più grande minaccia per Schumacher:  l''analisi di Terruzzi

"Sto dando i numeri. Sarà il caldo. Oppure, beh, questo tempo lento che spinge verso letture oziose, anzi curiose. Statistiche, per esempio, con dentro, sempre, qualche sorpresina. Una in particolare, pensando a Verstappen che tra poco riprenderà a viaggiare verso il suo titolo numero 3", esordisce Terruzzi nella sua analisi dedicata al dominio del figlio d'arte olandese. "Non l’unico a riuscirci se consideriamo Jack Brabham, Jackie Stewart, Niki Lauda, Nelson Piquet e Ayrton Senna, tutti firmatari di triplette leggendarie. Sì, ma, a differenza di Mr. Max – dando per buono che porti in porto il terzo centro entro fine stagione – nessun componente di questo club, è stato capace come lui di fare filotto, di conquistare tre corone consecutivamente: 2021, 2022 e, in probabilissimo arrivo, 2023", sottolinea il giornalista.

Brabham, infatti, si laureò campione nel 1959, nel 1960, su Cooper Climax e poi sei anni più tardi, nel 1966, con una Brabham Repco. Stewart vinse il titolo con la Matra Ford nel’69 e con Tyrrell Ford due volte 1971 e’73. Lauda si impose con la Ferrari nel 1975 e nel 1977, e con la McLaren nell’84. Piquet fu campione del mondo nell’81 e nell’83 con Brabham motorizzate Ford e BMW e nell’87 con una Williams Honda. Senna, infine, vinse il titolo nell’88, nel ’90 e nel ’91 sempre su McLaren Honda. "Certo, come qualcuno avrà già notato, c’è chi ha vinto tre titoli consecutivamente, anzi quattro se pensiamo a Sebastian Vettel (campione del mondo in permanenza dal 2010 al 2013) pure lui sempre con Red Bull, a Juan Manuel Fangio che vinse di fila quattro dei suoi cinque titoli (1954, su Maserati, 1955 su Mercedes, 1956 su Ferrari e 1957 su Maserati) dopo il primo centro, datato 1951 su Alfa Romeo, oppure a Lewis Hamilton che fu campione per quattro stagioni consecutive (2017,’18,’19 e ’20) sempre su Mercedes, oltre ad aver conquistato altre tre corone (2008, con McLaren Mercedes, 2014 e 2015 con Mercedes). Poi, il caso a parte, vale a dire Michael Schumacher che dopo la doppietta Benetton-Ford (1994 e’95) infilò una clamorosa cinquina con Ferrari (2000-2004)", osserva il giornalista. Che poi viene al dunque: "Resta lui, Schumi, il punto di riferimento. Per due piloti soprattutto: Hamilton, a meno uno da regno dei cieli, quota 8 corone, in solitudine, e Verstappen, in procinto di raggiungere quota meno 5. Ed è qui che si può giocare, scommettendo o fantasticando, perché è vero che Lewis è vicinissimo alla meta ma è anche vero che Max ha una età più promettente sul fronte carriera e un vantaggio tecnico che al momento pare incolmabile per l’intera concorrenza. Il che lo trasforma già, seppure a distanza, nel fenomeno potenzialmente più attrezzato per superare Schumacher ritoccando il primato più prestigioso della Formula Uno". 

Infine un'osservazione riguardo la supremazia di Verstappen sugli altri talenti che girano attualmente per il paddock: "Max si è già posto in una dimensione sua soltanto rispetto all’intera schiera di piloti che componevano, sino a ieri, la cosiddetta next-generation. Charles Leclerc, Lando Norris, George Russell… sono tutti potenzialmente campioni, sono tutti a quota zero, alle prese con handicap tecnici di varia natura e portata. Limitazioni talmente insistenti da ritardare una consacrazione definitiva e al tempo stesso far sorgere qualche dubbio sparso sule loro autentiche potenzialità. È un abbaglio, ovviamente, perché guidare in stato di inferiorità complica assai, genera errori, nervosismi, ansie. Soprattutto se quell’altro, il ragazzo che correva al tuo fianco e che riuscivi persino a battere, vola sopra un tappeto magico e imprendibile. Il che moltiplica, paradossalmente, la sua sicurezza, così come le difficoltà di chi non ha avuto la stessa fortuna. È un classico da motorsport. Le cui storie troppo stesso sono condizionate anche (non solo, intendiamoci), dalle macchine a disposizione di questo o quest’altro pilota".

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