Gli occhi, innanzitutto: quelli portano i colori del cielo del nord quando concede quel poco di sereno e li trattengono nelle pupille per sempre; ma venati da un poco di grigio, come quando le ore sembrano restare ferme nel cielo polare senza che la notte riesca a lasciare il suo testimone al giorno.
Lui fermo non è restato mai e quando ha scelto di farlo è stato per cominciare a muoversi da un'altra parte, in un'altra vita. Lui è Kimi Raikkonen e allora ogni definizione che possiamo dare per cercare di definire che tipo di pilota sia stato rischierebbe di non bastarci, perché mancherebbe sempre un aggettivo tra i tanti che lui merita, resterebbe fuori un colore della sua personalità: come descrivere l'aurora boreale, quando fa capolino nel cielo di casa sua, dovendo rinunciare al verde, o al viola. Del resto, come si fa a descrivere in modo completo uno che riesce a farsi un pisolino nell'abitacolo il giorno del suo esordio in Formula Uno con la Sauber? Tutto vero, tutto documentato e il bello è che sembra straordinario a noi, nel raccontarlo, non certo a lui che di ordinario ha sempre avuto soltanto l'espressione imperturbabile, perché straordinario è sempre stato e continua a essere tutto il resto, anche se lui sentendo questo aggettivo cadrebbe dalle nuvole.
Uomo a motore, in tutti i sensi e per ogni declinazione, che le ruote siano due o quattro, ora che si occupa a tempo pieno di motocross.
Ve lo ricordate il Campionato del Mondo del 2007, anche se non siete ferraristi? Vi ricordate la voce strozzata nella gola di un commosso Gianfranco Mazzoni per l'ultimo giro del Gran Premio di San Paolo nel 2007, al termine di una stagione complessa e incasinata, per lui e per la Ferrari, con grandi rivali alle spalle e l'ombra della spy - story sulla testa? Chi, se non lui, sarebbe potuto riuscire a governare il caos in varie fasi di quella stagione durante la quale buona parte del popolo del Cavallino aveva sentenziato, anche comprensibilmente, che la Rossa avrebbe dovuto superare troppi ostacoli e troppe criticità? Chi, se non lui, sarebbe riuscito a calarsi ogni volta in quell'abitacolo che scottava raffreddandolo con quella capacità di distaccarsi da tutto che è propria dei filosofi, dei saggi e dei pazzi? E se Kimi Raikkonen fosse in realtà tutte e tre le cose assieme? Ecco, questa forse è una definizione che gli piacerebbe, come regalo di compleanno.
Quel titolo mondiale, che per la gioia provocata non consideriamo inferiore a quelli di Schumi e che oggi per noi sta diventando il miraggio dell'ultima volta in cui siamo stati re, lo doveva a se stesso, ai suoi due secondi posti con la McLaren nel 2003 e nel 2005, al talento cristallino che gli aveva fatto meritare la Formula Uno con poca storia e poche gare nelle formule minori alle spalle, alla capacità di non lasciarsi mai condizionare dal contorno, nemmeno il giorno in cui proprio Schumacher gli tenne gli occhi addosso per i suoi primi giri con la Sauber. Ci vuole sempre un genio per riconoscerne un altro.
Quanto manca, oggi che compie quarantaquattro anni, a questo sport e a questo circo uno come lui, che sarebbe perfetto, tra le altre cose, per una pellicola dei fratelli Coen? Manca quanto può mancare un personaggio in grado, come accadde al termine del Gran Premio del Brasile del 2006, di rispondere alla domanda sul perché non avesse salutato Pelé: - Ero in bagno -.
Buon compleanno Kimi, come te nessuno mai!
Foto interna x.com
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