Esclusiva - Intevista a Leonardo Senna: Ayrton e Nelson, amici mai
Due connazionali che si sono sempre detestati, senza farne mistero; profondamente diversi come individui e che anche nei confronti del proprio popolo hanno avuto atteggiamenti quasi opposti. Leonardo Senna ci racconta del loro NON rapporto.

03/12/2023 09:00:00 Tempo di lettura: 6 minuti

Aveva un sogno Ayton Senna, un sogno maturato all’ombra del poco tempo che ha avuto in sorte; un sogno via via più consapevole, che avrebbe onorato con la stessa pervicacia, con il medesimo ossessivo perfezionismo tanto detestabile agli occhi dei suoi avversari in pista. Il sogno di un Brasile meno ingiusto, di un’umanità indistinta ed esclusa alla quale tendere la mano per accoglierne il più possibile all’interno del cerchio della dignità.

Il suo sguardo, proiettato ben oltre la striscia d’orizzonte sciolta dagli ottani di benzina sulla linea dei suoi tanti traguardi, ha fatto in tempo a lanciare, in modo pratico e in modo simbolico, il suo testimone oltre la barricata tra il suo mondo rarefatto e quello dove i piedi dei bambini calpestano terriccio misto a briciole di pane da non dilapidare. E ancora oggi non c’è bisogno di chiedersi perché in un paese come il suo, che aveva avuto straordinari campioni di Formula Uno, come Emerson Fittipaldi e Nelson Piquet, soltanto lui abbia fatto appassionare alle corse automobilistiche la gente delle favelas malfamate, sovraffollate, affamate e spietate come una interminabile Via del Campo.

Esclusiva - Intevista a Leonardo Senna: Ayrton e Nelson, amici mai

Come ha raccontato Leonardo Senna al nostro Ing. Daniele Muscarella, Ayrton sin da quando gareggiava nelle categorie minori amava avere con sé la bandiera del Brasile. Di tutto il Brasile, soprattutto perché "i brasiliani avevano una bassa autostima, anche per i tanti problemi che aveva il Brasile e lui voleva elevare questa autostima. Ayrton, da quando ha iniziato a vincere nelle categorie inferiori, ma principalmente quando è arrivato in Formula 1, prendeva spesso la bandiera del Brasile. Aveva questo orgoglio di essere brasiliano e in molte gare, alla fine se qualcuno gliela passava, prendeva la bandiera e girava."

Poteva, dopo aver preso atto che le cose stavano come abbiamo scritto, uno come Piquet non detestare uno come Senna?

Ayrton Senna, l’uomo per il quale avrebbero pianto i connazionali dai quartieri più esclusivi fino alle favelas con i tetti di lamiera, e Nelson Piquet, tre volte Campione del mondo ma che nel cuore dei connazionali non avrebbe mai fatto breccia del tutto, forse anche per il suo modo di essere e di esternare i suoi pensieri, che ancora oggi fa molto discutere. Infatti, ancora Leonardo Senna, nella nostra intervista in esclusiva, paragonando il rapporto che Ayrton aveva con Prost con quello che non aveva con Piquet: "Veramente non c'è mai stato una rapporto tra loro. Penso che erano molto diversi. È completamente diverso da Prost e da altri piloti che c’erano nella Formula 1. Con Piquet questo rapporto non è mai esistito. Penso che la cosa non sarebbe mai cambiata".

Esclusiva - Intevista a Leonardo Senna: Ayrton e Nelson, amici mai

Due connazionali che si sono sempre detestati, senza farne mistero; che non sarebbero potuti essere più diversi come individui e che anche nei confronti del proprio popolo hanno avuto atteggiamenti quasi opposti; ricevendo l’uno al massimo una distaccata ammirazione soprattutto dalle classi sociali medio alte; l’altro amore incondizionato dalla gente di ogni stato sociale, fino al tragico epilogo di un primo giorno di maggio.

Si sono forse anche disprezzati, fino alla fine, Nelson Piquet e Ayrton Senna. Anzi, anche oltre, nel vero senso della parola: ancora oggi il livore di Piquet non è affatto mitigato dal tempo; nemmeno dal rispetto per la morte, bisogna essere sinceri e su questo l’ex iridato, due volte su Brabham e una su Williams, non ha davvero avuto mai problemi. Anzi, a proposito di colpi bassi, fu Nelson Piquet a diffondere nel Circus la voce che Senna fosse omosessuale e forse, diciamo forse, ad Alain Prost non dispiacque affatto contribuire a diffondere il pettegolezzo o la calunnia, se preferite, anche se un modo di essere o di vivere, nella sfera privata di ognuno, vera o no che sia la cosa (nel caso di Senna non lo era) non dovrebbe mai essere pretesto per gettare discredito su qualcuno. Ma anche la Formula Uno della seconda metà degli anni Ottanta, così ricca ed elitaria, non era certo aliena da modi di pensare ottusi, retrogradi o semplicemente idioti, se preferite.

Una cosa di certo va precisata: all’inizio Senna era stato un ammiratore di Piquet, del resto non poteva essere altrimenti; sarà Piquet a snobbare Senna, sin dal principio, apparentemente senza un perché. Apparentemente, perché col senno di poi non si può non pensare che Piquet avesse compreso subito che tipo, anzi che razza di pilota sarebbe divenuto Ayrton Senna, quel suo connazionale così schivo e così agli antipodi, quanto a carattere e personalità, da un cinico guascone come lui.

È il tre maggio del 1994, il giorno del funerale di Ayrton Senna a San Paolo; Nelson Piquet ha scelto di non esserci, di non presenziare, di non farsi vedere. Forse, col senno di poi, era questa l’unica maniera, da parte sua di mostrare rispetto a Senna. Del resto, continua a sentirsi suo nemico ancora oggi, come lascia trapelare dalle parole che usa quando ne parla. Tutto si può dire di Piquet, tranne che sia un ipocrita, dunque ha avuto ragione lui nel considerare la propria assenza come una specie di tributo al pilota che i brasiliani hanno davvero amato. A quel suo collega più giovane che dai brasiliani seppe farsi amare come a lui, Nelson Piquet, non era mai riuscito di fare, che gli interessasse o meno.

Foto copertina sfcriga.com

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