Gp Germania - Gara
25/07/2010 Tempo di lettura: 5 minuti

Dopo quattro mesi e una decina di giorni la Ferrari torna a vincere, ma senza inseguire nessuno. Sin dalle qualifiche era chiaro che due millesimi, l’equivalente di meno di una ventina di centimetri sulla linea del traguardo, non avrebbero mai fermato la straordinaria velocità di Fernando Alonso e della Ferrari qui ad Hockenheim. A catalizzare l’attenzione, però, non è tanto questo atteso ritorno alla storica competitività del Cavallino, bensì il più che discusso (ma per certi aspetti non molto discutibile) sorpasso effettuato da Alonso ai danni di Massa.

Prima di parlare del “misfatto” di questo gran premio (ultimamente ad ogni gara sembra che ne succeda sempre una) bisogna iniziare dalla partenza, quando Sebastian Vettel ha preferito chiudere pesantemente Fernando Alonso sulla sua destra lasciando strada totalmente libera a Felipe Massa, il quale partiva dalla terza posizione ed è passato per primo alla prima curva, seguito dal suo compagno di squadra. Una F10 vincente grazie alle modifiche apportate negli ultimi gran premi ha reso la vita un po’ più facile ai suoi piloti, oggi senza alcun dubbio i dominatori pressoché assoluti della gara tedesca. La Red Bull e la McLaren? Soltanto Vettel è stato in grado di tenere più o meno il passo delle Ferrari, ma mai al punto da rappresentare una reale minaccia, se non nel finale con l’avvicinamento a Felipe Massa.
Per quasi due terzi di gara Fernando è stato alle spalle di Felipe, pronto a cogliere la minima esitazione per passare in testa, immediato nello sfruttare la situazione di maggior vulnerabilità creata dal sorpasso dei doppiati, assolutamente chiaro e realisticamente spietato nel palesare via radio la sua insofferenza dietro la monoposto del brasiliano. Ma qui non siamo stati catapultati di nuovo nella situazione di Zeltweg 2002, quando l’attuale presidente Fia (Jean Todt) ordinò palesemente a Barrichello di far passare Schumacher per il campionato. Oggi la velocità di Alonso era tangibile, costante, a tratti incontenibile. Massa, invece, pur avendo dimostrato il suo valore, non ha avuto lo stesso ordine di prestazioni del pilota spagnolo.
Correre con un compagno di squadra che ha vinto due titoli, veloce, celebre, che ha solo il desiderio di arrivare primo senza “se” e senza “ma” significa questo. Significa soffrire, mandare in mondovisione quel silenzio di ghiaccio che vale più di mille parole per rispondere all’invisibile ordine di lasciargli strada. Felipe ha eseguito, ma rendendo chiaro a tutti ciò che stava accadendo (nonostante non ce ne fosse reale bisogno). Dopo un anno da quel sabato pomeriggio drammatico, pazzesco, in cui una molla di ottocento grammi poteva toglierli la vita nel caldo dell’Hungaroring, il volto di questo ragazzo brasiliano è tornato quello di sempre, marcato però da un misto tra tristezza, rabbia e rassegnazione.
Inutile l’ipocrisia, i giochi di squadra sono parte integrante di questo sport così difficile e oggi così in cerca di una nuova e più semplice identità, forse di un ritorno agli antichi splendori nel segno del futuro. Kimi Raikkonen, campione 2007, l’anno dopo fu al servizio dello stesso Massa nella rincorsa al titolo. La Ferrari di oggi ha già fatto le sue scelte da tempo, scelte di cui in fondo sono già a conoscenza i piloti. Al di là di tutto restano poche certezze: la ritrovata superiorità di una Ferrari che può far paura e scrivere un nuovo capitolo del mondiale; il sapore dolceamaro di un gioco di squadra riuscito ma portato a termine in modo non elegante; le polemiche, aspre e senza fine, per un fatto di gara che ha le sue ragioni ma i suoi intrinseci errori di esecuzione. Fernando Alonso recupera terreno in classifica e si porta a due vittorie, come Button, Vettel ed Hamilton (Webber è l’unico ad avere tre trionfi). Tra una settimana, in Ungheria, si corre l’ultimo gran premio prima della pausa estiva. Il momento giusto, per la Ferrari, per assestare un altro colpo da rimonta…

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