Dovremmo spiegare ai più giovani cosa fosse il “fotofinish”, un po’ come un antenato della “goal line technology” nel calcio, più o meno, ma con immagini molto meno nitide e frammenti che bisognava mandare avanti con attenzione per riuscire a capire chi per primo avesse varcato la linea di un traguardo. Si usava nell’atletica e a volte occorreva nel ciclismo; rarissimamente era stata necessaria nell’automobilismo.
Quel giorno del 1971, il 5 settembre per la precisione, agli ultimi centimetri - non metri - del Gran Premio di Monza, fu necessario visionare i “frame” e, proprio come nel calcio, non mancarono le proteste e le interpretazioni difformi; proprio come nel caso di un sospetto fuorigioco.

“Carpe diem” non può che essere il titolo che celebra e sintetizza l’edizione del 1971, senza gli studenti di Robin Williams in piedi sui banchi ma con cinque monoposto “pigiate” in un distacco complessivo di sessantuno centesimi, tra baci gommati che divennero morsi e un nome imprevisto che aveva aggredito l’ultimo varco d’asfalto con la sua BRM, scuderia che si era presentata con quattro piloti: Gethin, Siffert, Marko - proprio lui - e Ganley. Gran premio rocambolesco e con velocità di punta stratosferiche per l’epoca; all’ultimo giro sembra decisivo lo spunto di Ronnie Peterson con la March, se non fosse che alla fine del rettilineo Francois Cévert frusta ogni cavallo della sua Tyrrel per poi programmare lucidamente di cedere di nuovo il comando a Peterson e sfruttarne la scia al momento decisivo. Dal duello, già di per sé appassionante, fiorisce l’occasione per il terzo incomodo: Gethin l’ha appena spuntata nella bagarre con Hailwood e ora si trova in scia anche lui, con Cévert ormai troppo all’esterno. Totale incertezza, fiato sospeso e battiti cardiaci che lasciano la scena solo allo scorrere dei pistoni. Come se non bastasse, il musetto della BRM è un po’ più lungo di quello della March e all’arrivo, per decretare l’ordine del quale occorrerà il fotofinish, anche quell’appendice contribuirà a decretare l’ordine di arrivo più incerto di sempre a beneficio di Peter Gethin, per la sua prima e unica vittoria in Formula Uno. Inevitabili le proteste, tra gli altri, proprio di Ronnie Peterson, che si sente defraudato per il fatto che la BRM, a parità di posizione, arriva un po’ prima. In un certo senso questo contribuisce alla spettacolarità dell’esito.

Sessantuno centesimi, dicevamo, tra la BRM vincitrice di Gethin e quella di Ganley, con in mezzo una March, una Tyrrell e una Surtees - Ford: Peterson, Cévert, Hailwood. Uno dei più grandi spot di sempre per le emozioni che può dare la Formula Uno. Che deve tornare a dare.
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