Sono passati ormai dieci anni dal triste, e a posteriori tragico, Gran Premio del Giappone 2014. Una gara che, per quanto distante nel tempo, appare ancora assai vicina e vivida nella memoria degli appassionati e degli addetti ai lavori, con la pioggia sul tracciato di Suzuka, la partenza dietro safety car, la bandiera rossa, l’attesa per il rientro al box della Marussia di Jules Bianchi. Un rientro, purtroppo, mai avvenuto a causa del crash, a posteriori mortale, della vettura numero 17 contro un mezzo di servizio entrato in pista per recuperare per Sauber di Adrian Sutil, uscito di pista aa curva Dunlop. Un giorno, giocoforza, tra i più tristi e drammatici della sua storia del Circus che però, se analizzato con del cinismo, ha rappresentato anche un punto di svolta per la sicurezza di uno sport che, da oltre vent’anni (Imola 1994) era costretto a tornare a fare i conti con la morte.
Da allora infatti, la F1 è stata obbligata a correre ai ripari e introdurre dei cambiamenti per massimizzare la sicurezza dei piloti in pista. Molti furono gli errori nella gestione di quella gara, visto che per il recupero della Sauber di Sutil i commissari di gara decisero di far entrare in pista una ruspa per sollevare la monoposto, il tutto in regime, imposto dalla Direzione Gara, con un doppia bandiera gialla esposta, senza mandare in pista la Safety Car. Una ruspa contro cui, dopo un errore nello stesso punto, impattò Jules Bianchi dopo aver preso il controllo della propria macchina, finendo sotto di essa e subendo delle decelerazioni fatali. Una serie di eventi negativi che portano al tragico evento, dopo cui FIA e Formula 1 si mossero immediatamente per migliorare la sicurezza in pista, specie in condizioni difficili, avverse.
Il primo cambiamento importante fu relativo all’introduzione della Virtual Safety Car, nel 2015 (dopo alcuni test nel 2014). Un sistema che, a differenza della tradizionale Safety Car, non comporta l’ingresso in pista della vettura di sicurezza ma impone un limite di tempo sul giro ai piloti, al fine di tenere le posizioni e i distacchi tra di loro, controllando la velocità durante le fasi di potenziale pericolo. Uno strumento, la VSC, solitamente chiamata dalla Direzione Gara in caso di detriti in pista o incidenti che non richiedono l’esposizione di bandiera rossa o SC:, un compromesso per garantire la sicurezza ma non rallentare o alteraew la gara.
Non solo, poiché a seguito dell'impatto della Marussia di Jules contro la ruspa, la FIA ha iniziato a studiare una soluzione con cui proteggere l'unica parte scoperta del pilota all'interno della vettura: la testa. A tale scopo, pur tra feroci polemiche, venne introdotto l'Halo, un sistema di protezione in titanio costituito da una barra curva posta sopra la testa del pilota, che è stato reso obbligatorio sulle vetture du F1, F2 e Formula E e via via su quelle delle categorie propedeutiche. Un dispositivo che, negli anni successivi alla sua introduzione, ha contribuito a salvare i piloti da incidenti potenzialmente gravi o fatali. Una serie di misure, dunque, che hanno migliorato in maniera tangibile la sicurezza dei piloti. Nonostante questo, però, tale percorso non vuole essere arrestato: motivo per cui ogni anno la.GPDA, FIA e FOM lavorano per trovare soluzioni e aree su cui intervenire, sia per implementare soluzioni sulle vetture sia, se non soprattutto, per migliorare la gestione delle situazioni controverse, pericolose durante tutti gli eventi di gara.
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