"F1" è finalmente uscito nelle sale, dopo mesi di promozione incessante dentro e fuori dalla pista. Questo è il primo film a tema motorsport girato proprio nei weekend di gara, accanto ai piloti veri e con la presenza di team principal, meccanici e giornalisti che si sono trovati a diventare attori part-time. Con un budget stellare (si parla di 400 milioni di dollari, anche se la cifra continua a cambiare), un cast di prim'ordine e produttori come Lewis Hamilton e Stefano Domenicali ci si aspettava un lavoro pazzesco. E invece fa uscire dalla proiezione elettrizzati sì, ma con l'amaro in bocca.
Il presupposto necessario per andare al cinema è pensare che questo sia un blockbuster di Hollywood, non un documentario sulla Formula 1. Quindi dimenticatevi gli aspetti tecnici o dei dietro le quinte su come si progettano le vetture; la cosa più vicina è il McLaren Technology Center come quartier generale della Apex e il simulatore della Mercedes. Detto questo, resta il problema che anche la trama "da blockbuster" faccia acqua da tutte le parti, e già a metà film si capisce come andrà a finire. Si conferma un film prodotto da americani per un pubblico americano. Una specie di Drive To Survive con gli steroidi insomma.

Per edulcorare la pillola partiamo dagli aspetti positivi: le scene in pista sono spettacolari. Vedere i piloti che si preparano, mettendo i caschi e salutando gli ingegneri, i duelli in pista, le celebrazioni e la folla su uno schermo del cinema aumenta le emozioni che si provano dal divano di casa. L'aggiunta delle vetture della Apex è un lavoro di grafica affascinante e l'uso delle monoposto reali, con le scene girate proprio in pista, fa quasi dimenticare che sia finzione. Giù il cappello anche per la colonna sonora di Hans Zimmer e la scelta di certe canzoni storiche (un po' meno per quelle commerciali pop fatte uscire apposta per il film).
Detto questo, la trama del film fa quasi accapponare la pelle. Quella che è stata venduta come una lotta generazionale tra il novellino e il pilota esperto non è che un aspetto marginale; in verità, tutto si concentra sulla figura di Sonny Hayes (aka Brad Pitt), ex promessa della Formula 1 che ora vive in un van, una figura alla James Hunt ma che magicamente va più forte degli altri e capisce la vettura meglio di centinaia di ingegneri, nonostante siano passati decenni. Lui arriva nel paddock e, come da previsione, salva tutto e tutti: al secondo GP porta una Apex a punti, distruggendo le monoposto avversarie e causando Safety Car con tempismi perfetti. Una strategia che nessuno capisce, se non lui e il suo muretto a tipo 10 giri dalla fine, ma che in verità avrebbe causato una bandiera nera all'istante. Dopo tre gara, invece, arriva un pacchetto di aggiornamenti che porta la vettura a essere un missile.
Ovviamente, all'ultimo GP arriva la vittoria di Hayes, dopo una serie di carambole in cui lui e il compagno di squadra imparano il valore dell'amicizia e tante altre cose belle (praticamente la settimana prima se le davano di santa ragione, poi ad Abu Dhabi Pierce esce ma esulta per la vittoria dell'altro come se fosse la sua). E anche lo pseudo truffatore, che voleva ritirare il team, viene fregato. Insomma, i buoni trionfano e i cattivi perdono, chi l'avrebbe mai detto. Per tutta la pubblicità che ci girava intorno, questo si prospettava un capolavoro da premio Oscar, ma in verità è tutto fumo con ben poco arrosto. Stando al botteghino, però, l'obiettivo di attirare più persone sarebbe riuscito; staremo a vedere se la versione reale, poco romanzata e meno spettacolare, li farà restare.
Leggi anche: McLaren, Mazzola è una furia con Norris: «Dove siamo arrivati? Non esiste che...»
Leggi anche: Ferrari, Vasseur chiede massima concentrazione a Silverstone: «Hamilton è motivato»